Canale - Arco di mezzo e Conca

Il canale che attraversa il centro storico di Battaglia e che costeggia a ovest la statale n.16, è scavato per volontà del Comune di Padova, forse sulla traccia di un precedente corso d’acqua di origine romana, in poco più di dieci anni, tra il 1189 e il 1201, per collegare Padova con Monselice, utilizzando l’acqua del Bacchiglione. L’evento è determinante per la nascita e lo sviluppo della cittadina termale.

 

Dall’ incile posto sulla sponda destra del Bacchiglione in località Bassanello, prosegue con percorso rettilineo fino a Monselice. A Battaglia incontra le acque provenienti da un’altra derivazione del Bacchiglione, il Bisatto, che i vicentini avevano da poco scavato fino a Monselice, a partire da Longare. Quindi, superato il congegno regolatore dell’ Arco di Mezzo, si getta nello stretto alveo del Vigenzone e si avvia, cambiando nome e allargandosi sempre più, verso il mare.

Il canale è l’ asse portante di una complessa rete idrografica che disegna il paesaggio e incide profondamente sul territorio, a partire dalla Botte del Pigozzo, a nord, fino alla alla Conca di Navigazione, all’Arco di Mezzo e al nodo idraulico della Rivella, più a sud, asse che condiziona l’insolita fisionomia di Battaglia, più simile a quella di una città lagunare che ad altri centri abitati del padovano.

 

Oggi il canale, oggetto di particolare attenzione, è completamente navigabile ed offre interessanti prospettive turistiche, non solo in forza del potenziamento di strutture come porti e moli, ma anche per l’incomparabile cornice naturale offerta dai Colli Euganei.

 

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L’ Arco di Mezzo è quel manufatto idraulico che, posto al centro della città, sulla sponda orientale del canale di Battaglia, ne regola il deflusso delle acque che sottopassano la statale n.16 e che, dopo un salto che può variare dai quattro ai sette metri, si gettano nell’alveo del Vigenzone. E’ stato per secoli il motore che ha fornito energia a tutti gli opifici che hanno fatto la storia di Battaglia.

arco di mezzo

Manca qualsiasi documento relativo alle sue origini, ma è evidente che un sostegno regolatore di qualche foggia nasce contemporaneamente allo scavo del canale, dal momento che l’esistenza di mulini “ presso l’arco di un ponte ” risale proprio all’inizio del secolo XIII. Successivamente i Carraresi ampliano e perfezionano il congegno, costruendo un fabbricato simile ad un ponte a tre arcate, munite di saracinesche mobili. Nel corso dei secoli l’edificio ed i congegni interni, per le particolari sollecitazioni cui sono sottoposti, registrano una serie ininterrotta di riparazioni, di interventi anche radicali e di miglioramenti. Nella prima metà del secolo XVIII, ad esempio, l’edificio di m. 6,40 x 3,20 x 3,20 viene ricostruito com’era precedentemente, e nel 1785, durante una pulizia generale del canale, l’arco viene dotato di nuove paratoie azionate da leve di ferro in sostituzione delle vecchie catene.

Nel 1830 il manufatto viene ricostruito completamente da Antonio Busetto di Venezia su progetto dell’architetto Giannantonio Boni: le dimensioni vengono quadruplicate, le saracinesche per le tre arcate sono nove. L’arco centrale o di mezzo, leggermente più ampio degli altri due, regola lo scarico delle acque nel Vigenzone – da cui il nome all’intera fabbrica - , mentre l’acqua che esce da quelli laterali è utilizzata per fornire energia agli opifici.

Per più di un secolo, ovvero fino alla Seconda guerra mondiale, quando è seriamente danneggiato dai bombardamenti, non subisce sostanziali modifiche, al di là di un ammodernamento dei meccanismi interni nel 1913. Va ricordato che la periodica, studiata regolazione dell’afflusso di acqua nel Vigenzone – per i battagliensi la butà – creava una piena artificiale che rendeva possibile la navigazione e, di conseguenza, la partenza dei burchi carichi ormeggiati nel porto.

Ricostruito nel 1947, l’Arco assolve ancora per qualche tempo alle sue funzioni, poi, con il venir meno della navigazione fluviale e l’inarrestabile crisi dei mulini, perde fatalmente il suo ruolo di propulsore dell’economia battagliense per limitarsi a garantire il livello idrometrico delle acque nel canale Monselice-Battaglia. Per svolgere nel migliore dei modi quest’ultima importante funzione, è oggetto, nei primi anni del 2000, di una manutenzione straordinaria che comporta l’ammodernamento totale di tutte le apparecchiature interne.

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L’esigenza di aprire una via breve verso il mare, per agevolare i commerci fluviali di cui Battaglia era centro, viene presa in esame nel 1900 dalla Commissione Ministeriale presieduta dall’ingegnere Leone Romanin Jacur che propone la costruzione di una conca con tre crateri. Nel 1917, l’ingegnere Umberto Lunghini del Genio civile di Padova, su incarico del Magistrato alle Acque, elabora un progetto davvero geniale che prevede soluzioni originali e innovative.La Conca di Navigazione è uno straordinario monumento di ingegneria idraulica che, consentendo di superare un dislivello massimo superiore ai sette metri, collega il canale di Battaglia, ovvero il territorio padovano ed euganeo, con il Rialto-Vigenzone, cioè con il mare.

La conca avrà un unico cratere; il movimento delle porte a monte e a valle avverrà con la sola pressione dell’acqua mediante valvole ad aria compressa; le porte stesse, anzichè gravare con il loro peso sul cardine inferiore saranno sospese mediante dispositivi con cuscinetti a sfere.

conca

Il progetto viene approvato e i lavori sono affidati a tre società diverse: il Consorzio Regionale Veneto per i lavori di scavo, la Società Anonima Ferrobeton di Roma per la costruzione in calcestruzzo, e le Officine di Battaglia per le parti metalliche. Lo stesso Lunghini, unitamente all’ingegnere capo del Genio, dirge i lavori che, iniziati il primo settembre 1919, sono consegnati il 29 febbraio 1923, nonostante qualche momento di crisi come la piena del 1921 e le agitazioni operaie. L’opera, completata dallo scavo di due ampi mandracchi a monte e a valle per permettere la sosta dei natanti, viene solennemente inaugurata il primo giugno 1923 da Benito Mussolini, salito a bordo di un burchio impavesato per l’occasione e circondato da altre imbarcazioni della Canottieri e della Rari Nantes di Padova.

La conca, costruita per imbarcazioni non superiori alle 300 tonnellate, misura 40 metri di lunghezza, 7,20 di larghezza e 10,40 di altezza. Le due porte a monte sono alte 6,10 metri e pesano quattro tonnellate; quelle a valle sono alte 10,60 metri e pesano 30 tonnellate.

Il nuovo manufatto determina per qualche decennio un rapido aumento dei trasporti fluviali, soprattutto di trachite, ma la concorrenza con i trasporti su ferrovia e su strada è spietata. Durante gli anni Sessanta la conca smette di funzionare. Dopo quasi un trentennio di malinconico abbandono, alla fine del secolo scorso la Regione Veneto approva la realizzazione di un progetto di recupero. Il 21 marzo 1998 la Conca, completamente restaurata e perfettamente funzionante, viene reinaugurata.

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