Comune di Giavera del Montello

Aspetti ambientali

Aspetti Ambientali

DESCRIZIONE DEGLI HABITAT E DELLE PRINCIPALI SPECIE

FAUNISTICHE E FLORISTICHE DEL MONTELLO E DEL PIAVE

A cura di:
dott.ssa Nada Bortot

dott. Giovanni Gardenal

MONTELLO

INQUADRAMENTO TERRITORIALE

ortofoto

Figura 1: Ortofoto del Montello e del Piave.

Il Montello è un rilievo collinare di forma ellittica lungo circa 13 km e largo 5 km, costituito da conglomerati a prevalente componente calcarea che danno origine ad estesi fenomeni carsici, sia in superficie (doline, valli chiuse o cieche, solchi di erosione carsica, ecc.) che in profondità (pozzi carsici, grotte, risorgenze, ecc.).
Il Montello è separato dal sistema conglomeratico delle colline di Conegliano - Susegana dal fiume Piave dal punto di vista geologico. Per gli aspetti ecologici risulta
pertanto isolato per flora e fauna che non riesce a superare la barriera fluviale e strettamente connesso per la macrofauna che attraverso il corridoio naturale dell’alveo del Piave raggiunge il sistema collinare grazie anche alla penetrazione attraverso il corso del Soligo e del Lierza.
Il punto più elevato (Collesel Val Dell’Acqua) ha una quota di 371 m sul livello del mare, l’altezza media rispetto la pianura si aggira intorno ai 100 m.
La superficie di circa 6.000 ettari è ripartita tra i cinque Comuni di Crocetta del Montello, Giavera del Montello, Montebelluna, Nervesa della Battaglia e Volpago del Montello.

ANALISI STORICA

Per millenni il Montello è stato zona di passaggio e di caccia più che di stanziamenti umani stabili. Recentemente in località Bavaria (frazione di Nervesa della Battaglia a pochi chilometri dal centro di Giavera del Montello) è stato individuato un sito di presenza dell’Uomo di Neanderthal del Paleolitico Medio.
Al Mesolitico finale, con l’instaurarsi nella zona di una foresta dominata dalle querce, sono riconducibili numerosi ritrovamenti di resti di insediamenti riferibili all’Homo sapiens che nel Neolitico assumono carattere di stabilità.
Con il passaggio all’Età del Bronzo l’uomo comincia ad incidere sul paesaggio naturale con una serie di castellieri sui terrazzi occidentali.
Attraverso il periodo Paleoveneto, durante il quale si sviluppa un centro importante nell’area di Montebelluna e l’area è interessata da migrazioni di popolazioni, gli Enetei, probabilmente dall’Anatolia, si giunge all’epoca Romana durante la quale i segni della centuriazione Nord di Treviso arrivano fino alle pendici del Montello.
Durante tutto questo periodo il bosco rimane intatto, forse considerato area sacra. Solo in epoca Medievale si hanno i primi insediamenti significativi sul colle tutti di carattere religioso (l’Abbazia di Sant’Eustachio, la Certosa Benedettina, l’eremo di San Giravamo ecc.).
Nel 1388 la Repubblica di San Marco lega alla propria storia il Montello e nel 1471 lo “bandisce” riservando il patrimonio forestale di querce per l’Arsenale e lo sviluppo navale.
Nel 1797 con la caduta della Serenissima il bosco del Montello comincia a subire i primi danni con deforestazioni inconsulte ed incendi.
Il governo napoleonico del Regno Italico demanializza il Montello nel 1811 e quello asburgico del Regno Lombardo-Veneto lo suddivide in 20 “Prese”.
Con il Regno d’Italia si ha la promulgazione della legge Bertolini nel 1892 che suddivide in lotti il Montello nel tentativo di fruttarlo come area agricola consegnandoli per metà a contadini poveri (i “bisnenti”) e per metà dati all’incanto portando il completo saccheggio del patrimonio forestale e senza realizzare un reale sviluppo in quanto l’area per conformazione risultava povera d’acqua e lontana dai mercati importanti.

ANALISI AGRONOMICA

L’agricoltura svolge un ruolo primario nel Montello attraverso un proprio modello di organizzazione colturale che ha lasciato nel tempo, testimonianze storiche e socio-culturali.
Così accanto al bosco, elemento fondamentale del paesaggio, sono riconoscibili le colture agrarie, vigneti e prati, siepi ed alberature e le case coloniche.
L’estrema parcellizzazione della proprietà da un lato, e la pressione edilizia extra-agricola dall’altro, condizionano l’attività del settore primario.
L’indirizzo produttivo prevalente è quello misto costituito dalle attività di selvicoltura, viticoltura, seminativo e zootecnia.

paesaggio

Figura 2: Paesaggi rurali del Montello.

ANALISI BOTANICA

L’espansione dell’ambiente boscato, verificatosi soprattutto negli ultimi decenni, necessita di un’attività di gestione in grado di mantenere l’equilibrio del paesaggio, basato sull’alternanza di bosco, prato, insediamenti e morfologia del suolo, arricchito da elementi isolati in grado di definire geometrie naturalistiche di notevole effetto.
L’indagine naturalistica contempla anche il censimento e la mappatura degli elementi floristici di pregio (quali impianti di aucupio e alberi monumentali), l’individuazione delle sistemazioni agrarie tradizionali (siepi ed alberature), i termini arborei dello sfruttamento forestale e dell’appoderamento, la localizzazione dei boschi golenali plavensi, dei parchi e giardini annessi a ville o ad edifici di pregio storico artistico.
In raccordo con l’indagine geologica, il piano pone particolare attenzione alle risorse idriche (idrologia superficiale e qualità delle acque) e approfondisce l’aspetto speleologico con particolare riferimento agli ecosistemi di grotta.
La buona qualità delle acque, l’utilizzo a cui sono sottoposte, la particolare importanza del sistema carsico e la sua vulnerabilità consigliano un’attenta e continua azione di tutela.
Nello specifico, la salvaguardia ed il recupero dei punti d’acqua, la tutela dagli agenti inquinanti e la funzione trofica primaria sono assunti quali aspetti fondamentali per la tutela delle risorse idriche.

L’analisi sugli elementi faunistici del Montello individua i principali fattori di degrado:

  • lo sviluppo degli insediamenti antropici aggravato dal fenomeno seconde case;
  • l’utilizzo di recinzioni invalicabili;
  • il fenomeno del turismo giornaliero, con il conseguente problema dell’abbandono dei rifiuti;
  • l’utilizzo indiscriminato da parte di un’utenza scarsamente regolamentata quali raccoglitori, cacciatori, cavallerizzi, mezzi fuori strada, ecc. che comportano una reiterazioni dei percorsi, un’occupazione e talvolta saturazione del territorio.

L’aspetto che emerge dall’indagine relativa agli aspetti ambientali è certamente l’elevata specificità del territorio montelliano, coniugata alla fragilità del sistema collinare.
Tali caratteristiche vengono esaltate dagli ambiti circostanti; il Piave che favorisce l’interscambio di patrimonio genetico e la tutela della biodiversità, la pianura che condiziona per l’elevata pressione antropica.
Le forme della vegetazione riscontrabili lungo il colle del Montello sono molto varie e complesse; si possono tuttavia riassumere come segue le principali tipologie riscontrate nel tratto di interesse per questo studio:

Vegetazione mesofila

Si tratta dell'aggregazione più estesa lungo Montello e il bacino del Piave, tra la bassa pianura e il piano montano inferiore. Si ritrova su suoli fertili in un clima temperato con valori medi di umidità, temperatura e luminosità. Le forme sono di tipo forestale, naturali o artificiali, e prativo artificiale. Si rinvengono:

  • Boscaglie esotiche a robinia prevalente. Sono una costante nelle golene di pianura e in ambiente collinare, in cui flora esotica si mescola a flora autoctona. Oltre alla robinia si ritrova il gelso (Morus alba), ailanto (Ailanthus glandulosa) e arbusti come vite americana (Vitis labrusca), caprifoglio del Giappone (Lonicera japonica). Particolare forma arbustiva dell'alta pianura è la falsa gaggia (Amorpha fruticosa) e l'albero delle farfalle (Buddleya davidii).
  • Querco-carpineti. Si sestendono sui versanti collinari freschi e basse pendici prealpine. Anche se spesso inquinati da specie infestanti, gli elementi tipici sono farnia (Quercus pedunculata), rovere (Quercus sessiflora), frassino padano (Fraxinus oxycarpa), carpino bianco (Carpinus betulus); tra gli arbusti pallon di maggio (Viburnum opulus), corniolo (Cornus mas), fusaggine (Evonymus europaeus), edera (Hedera helix); tra le erbacee anemone bianca (Anemone nemorosa), pervinca (Vinca minor), primula comune (Primula vulgaris) e campanelle comuni (Leucojum vernum).
  • Castagneti. Sui suoli del Montello e sul versante meridionale prealpino. Accanto al castagno (Castanea sativa) ospita rovere (Qurcus sessiflora), acero di monte (Acer pseudoplatanus) e ciliegio (Prunus avium); nel sottobosco si rinvengono vitalba (Clematis vitalba), lantana (Viburnum lantana), biancospino (Crataegus oxycanta), con felce aquilina (Pteridium aquilinum), anemone fegatella (Hepatica nobilis) e campanula selvatica (Campanula trachelium).
  • Prati falciabili di pianura e collina a arrenatereto ad avena altissima (Arrhenatherum elatius). Questa flora, di protezione degli argini e dei prati falciabili nelle golene, è costituita da un centinaio di specie e è caratterizzata dalle dense fioriture stagionali.
  • Prati-pascolo montani a triseteto. Si ritrovano sulle dorsali e i versanti prealpini e sono dovuti alla pratica dello sfalcio e di sfruttamento a pascolo.

Vegetazione xerofila

Costituita da aggregazioni floristiche differenziate distribuite tra l'alta pianura e il bacino montano. I suoli possono essere formati da ghiaie e sabbie fluviali, ferretto collinare o terriccio acido e interstiziale delle aree montane calcaree; il clima varia da temperato e microtermico a continentale. Si rinvengono forme a praterie, arbusteti e boschi:

  • Boscaglie a olivello spinoso delle grave di pianura. Arbusteti radi e di medio sviluppo in cui all'olivello spinoso (Hippophae ramnoides) si associano salice ripaiolo, pruno spinoso (Prunus spinosa) e biancospino (Crataegus monogyna).
  • Orno-ostrieti collinari e pedemontani. Sui versanti caldi e asciutti della collina e della pedemontana, si ritrovano roverella (Quercus pubescens) e più frequentemente orniello (Fraxinus ornus) e carpino nero (Ostrya carpinifolia).
  • Brometi montani. Sono le forme più aride del prato-pascolo collinare, sviluppate su versanti ad elevata pendenza. Si ritrovano bromo eretto (Bromus erectus), vulneraria comune (Anthyllis vulneraria), garofano dei certosini (Dianthus carthusianorum), erba querciola (Teucrium chamaedrys), eliantemo (Helianthemum nummularium), olearia peperina (Filipendula vulgaris) e vedovino selvatica (Scabiosa columbaria).

Creano inoltre habitat particolari orti e giardini del contesto urbano ai piedi del colle, le colture agricole promiscue, brevi incisioni vallive sui pendii, raramente con sorgente carsica perenne, fondi di dolinee valli chiuse di carattere umido e microclima più freddo (microtermo) spesso con ampie radure prative e boschi radi sul fondo, fondi di doline e valli carsiche con rare pozze o stagni d’acqua perenne e vegetazione acquatica persistente, pozzi carsici e grotte orizzontali con presenza o assenza di corsi d’acqua perenne sul fondo.

ANALISI FAUNISTICA

Per quanto attiene le specie faunistiche tipiche ed occasionalmente rilevabili si rimanda agli elenchi relativi alle Grave del Piave ai quali si aggiungono in particolare tra i mammiferi la nottola (Nyctalus notula), il pipistrello ferro di cavallo minore (Rhinolophus hipposideros), tra gli uccelli il succiacapre (Caprimulgus europaeus) e tra gli invertebrati il coleottero cervo volante (Lucanus cervus) e alcune specie molto rare di altri coleotteri quali: Briaxis rugosicollis, Anillus sederai spp., Amaurops burlinii (endemico).
Inoltre ben cinque sono le specie endemiche di insetti trogloli, sempre coleotteri, della famiglia dei carabidi presenti sul Montello: Orotrechus montellensis, O. messai, O. holidausi marginalis, Orostygia doderoi doderoi, Spelabraeus infidus.

foresta

Figura 3: Paesaggi forestali del Montello.

ANALISI GEOLOGICA

Dal punto di vista geologico l’area in esame fa parte di un sistema più vasto e complesso localizzato fra Treviso e Belluno e si presenta come una zona di transizione tra prealpi e pianura. Essa interessa solo l’ultima parte del Bacino montano del fiume Piave il quale appartiene all’unità tettonica delle Alpi Meridionali (originatesi 90 milioni di anni fa, durante il Cretaceo, dallo scontro tra la paleoplacca africana e quella europea). La principale caratteristica di queste formazioni è di non essere state interessate da fenomeni di metamorfismo e presentare chiaramente le originarie caratteristiche di rocce sedimentarie marine. Al fine di seguire con maggior semplicità l’inquadramento geologico si riporta di seguito uno stralcio della Carta Geologica delle Tre Venezia (Fig. 4), Foglio n. 38 Conegliano.

Il Bacino del Piave è costituito da tre aree geologiche diverse:

  • Catena paleocarnica;
  • Dolomiti;
  • Prealpi venete

aree geologiche

Figura 4: Aree geologiche del bacino del Piave.

Le prealpi venete si sono formate a seguito della deformazione compressiva che ha originato la catena alpina e l’area risulta caratterizzata da una catena a pieghe e sovrascorrimenti con una sequenza temporale di formazione che procede dall’interno verso l’esterno (lo scorrimento frontale è quindi il più recente).

Da questi movimenti ha tratto origine un’alternanza di sinclinali e anticlinali con la formazione di quattro linee principali:

  • Linea di Belluno
  • Linea di Tezze
  • Linea di Bassano
  • Linea di Montello

La collina del Montello è una morfostruttura, lunga 13 Km e larga 5, molto interessante che è il risultato da un lato dell'espulsione progressiva di un cuneo tettonico facente parte di una fascia tettonicamente attiva, e dall'altro dei processi di erosione che ne sono la conseguenza.
In questo contesto un grande fiume, come il Piave, è in grado di creare superfici di spianamento come si può vedere nell'alveo attuale a nord del Montello, che è parzialmente tagliato nel duro conglomerato affiorante o mascherato da sottili coperture di alluvioni grossolane.
Per questo, si può ipotizzare che l'altopiano principale del Montello sia una vecchia superficie di spianamento creata dal fiume prima degli ultimi episodi di sollevamento.
Nel settore occidentale del Montello, il fiume ha inciso una valle antecedente, ora morta, detta Solco di Biadene, il cui versante orientale consiste in una gradinata di 7 terrazzi in roccia, situati nell'intrervallo altimetrico 120-360 m e parzialmente coperti da depositi alluvionali dell'antico fiume. Dopo l'abbandono da parte del fiume le superfici di erosione sono state esposte ai processi carsici. I caratteri carsici sono evidenziati da un gran numero di doline - circa 2000 - che coprono le superfici ove le pendenza regionali sono inferiori 10°-12°.
Dove le pendenze sono maggiori, come sul lato sud della collina, il paesaggio è caratterizzato da una rete di valli fluviocarsiche secche. L'analisi topografica in corso, basata sia sul rilevamento di campagna che sul remote sensing, renderà disponibili dati quantitativi relativi alle forme fluviali e carsiche.
Sarà quindi possibile correlare le diverse categorie di forme tra di loro e con altre variabili ambientali.
La dorsale miocenica del Montello è lunga Le forme carsiche superficiali: doline, conche carsiche, valli secche, valli chiuse e cieche aumentano progressivamente procedendo da ovest ad est.
Le cavità sotterranee cartografate sono 77, ciascuna individuata con apposita numerazione.
Il colle del Montello è costituito prevalentemente da conglomerato con situazioni differenziali di copertura, in particolare dal punto di vista dello spessore.
Ai margini si riscontra il grande materasso ghiaioso dell’alta pianura e del greto del Piave, coperto da terreni a varia composizione e spessore.
È presente un grande sistema di circolazione sotterraneo legato al maturo carsismo del colle.
Il livello di base è strettamente collegato con la falda freatica dell’alta pianura e viene reso evidente dalla presenza delle molte sorgenti, più o meno perenni, localizzate per lo più sul versante orientale del colle.
L’indagine svolta, oltre ad individuare i principali aspetti geologici del Montello e produrre una zonizzazione complessiva relativa alle attitudini dei terreni all’edificazione, ha evidenziato la particolare valenza ambientale del colle e la sua elevata vulnerabilità, in particolare dal punto di vista idrogeologico.

strutture geologiche

Figura 5: Strutture geologiche del Montello.

ANALISI DEMOGRAFICA

Le indagini hanno evidenziato una potenzialità insediativa residenziale di un certo rilievo attraverso il recupero del patrimonio edilizio esistente e attualmente abbandonato, utilizzabili sia a scopo residenziale che per funzioni connesse al settore primario (vendita dei prodotti agricoli, dell’artigianato locale e strutture agro – turistiche).
La fragilità del Montello impone la rivalutazione di attività a basso impatto e delle colture minori favorendo il conseguimento di riconoscimenti di tipicità, qualità e alto valore aggiunto.

centro abitato

Figura 6: Centro abitato ai piedi del Montello e paesaggio in area sommitale.

CARATTERISTICHE DI QUALITÀ E IMPORTANZA DEL SITO

Importante per gli aspetti geomorfologici (fenomeno carsico superficiale e profondo: Busa di Castel Sotterra, la più grande cavità italiana in conglomerati, il Forame e Tavaran Longo), paesaggistici, flogistico-vegerazionali (boschi termofili a Quercus petraea, Q. pubescens, Ostrya carpinifolia, Castanea sativa, <Carici umbrosae - Quercetum petraia e subass. Quercetosum petraeae> con elementi di differenti orizzonti come Q. robur, Fagus selvatica e Betula alba) e faunistici.
Il Montello, separato dal punto di vista geologico dal sistema conglomeratico delle colline di Conegliano - Susegana dal fiume Piave, è dal punto di vista ecologico isolato per flora e fauna che non riesce a superare la barriera fluviale e invece strettamente connesso per la macrofauna che attraverso il corridoio naturale dell’alveo del Piave raggiunge il sistema collinare grazie anche alla penetrazione attraverso i corsi d’acqua del fiume Soligo e del torrente Lierza.
Le principali vulnerabilità del sito sono date dalle coltivazioni, dalla gestione forestale e disboscamento, dall’inquinamento, in particolare quello prodotto dalle attività produttive e quello atmosferico, l’eccessiva antropizzazione che ancora spinge con lottizzazioni ed espansione degli insediamenti residenziali, infine da non trascurare l’effetto dell’escursionismo, spesso poco educato e della caccia indiscriminata.

GRAVE DEL PIAVE

In questa zona la morfologia dell’alveo del Piave è definita a “canali intrecciati” o “anastomizzati” o “braided”, tipica dei fiumi che possiedono un’elevata energia. L’alveo, che ha una larghezza che varia da alcune centinaia di metri fino a 2-3 Km, è caratterizzato da una parte “attiva”, priva di vegetazione e sede dei processi fluviali, e da una parte “inattiva”. Quest’ultima corrisponde alle cosiddette “zone golenali” momentaneamente non interessate dalla dinamica fluviale, ma che vengono innondate durante i più importanti eventi di piena e possono diventare attive in seguito a modificazioni del suo tracciato. L’alveo a canali intrecciati è infatti molto instabile (Fig. 7).

modificazioni geologiche

Figura 7: Modificazioni del tracciato del Piave tra il 1924 e il 1991 nella zona delle grave.

Per quanto concerne il bilancio idrologico è interessante osservare che, a fronte di una precipitazione media annua di 1.350 mm, equivalente a un flusso meteorico sul bacino (considerato chiuso) a Nervesa della Battaglia (TV) (di superficie pari a 3899 Km2), di circa 5,2 miliardi di m3/anno, pari a una portata di afflusso di 167 m3/s, il Piave ne convoglia al mare (deflusso) pochissima: anzi per molti giorni all’anno, in regime di magra, il deflusso a mare si riduce a qualche metro cubo al secondo. Ciò a causa dei consistenti prelievi operati a scopi irrigui e idroelettrici (che in parte convogliano le acque fuori bacino) e dell’infiltrazione di acqua nel sottosuolo soprattutto nel tratto dove le grave alimentano le falde sotterranee.
Nel sottosuolo sono contenute, a profondità diverse, abbondanti falde idriche, sfruttate mediante innumerevoli pozzi per soddisfare i fabbisogni potabili, agricoli e industriali di un vasto territorio che si estende dai rilievi collinari fino al mare.
Da ciò nasce l’esigenza di tutelare la qualità delle acque di falda e di realizzare depuratori e collettori fognari.

CARATTERISTICHE CHIMICHE, FISICHE E BIOLOGICHE DELLE ACQUE SUPERFICIALI

La Provincia di Treviso effettua da ormai 10 anni il monitoraggio della qualità biologica delle acque superficiali presenti sul proprio territorio classificandole secondo la metodologia IBE. Dall'analisi dei dati delle stazioni ubicate all'interno dell'area esaminata è risultato per il Piave un ambiente poco inquinato (II classe) nel 1998 anche se nei periodi precedenti (1994-95) si era rilevata un'ottima qualità biologica (I classe).
Dall’1 gennaio 2000 è stato attivato il Piano di Monitoraggio per le acque superficiali del Veneto che contempla, nell'area in esame, l'ubicazione di 2 stazioni sul fiume Piave, a Crocetta del Montello (n. 303) e a Susegana (n. 304). In tali stazioni sono state condotte dall'ARPAV le analisi sulla qualità delle acque superficiali secondo il D.Lgs. n. 152/99, che prevede di determinare lo stato ecologico dei corsi d'acqua incrociando il livello di inquinamento espresso dai macrodescrittori (Tab. 1) con la qualità biologica (dato medio IBE), attribuendo alla sezione in esame il risultato peggiore tra quelli derivati dai due criteri.
Dai dati rilevati è emersa una classe 2 per i macrodescrittori e una classe I - II per l'IBE, ottenendo così uno stato ecologico complessivo di indice 2, leggermente inquinato (Tab. 2).
Seguendo le direttive del D.Lgs. n. 152/99, si è inoltre determinato lo stato ambientale dei corsi d'acqua, ottenuto rapportando i dati sullo stato ecologico con i dati di inquinanti chimici (alcuni metalli pesanti, solventi organoalogenati, fitofarmaci). L'assenza di tali parametri addizionali nelle stazioni in esame ha portato alla definizione di uno stato "buono" per il fiume Piave.

MACRODESCRITTORI Crocetta del Montello
(staz. N° 303)
Susegana
(staz. N° 304)
Pieve di Soligo
(staz. N°35)
Corpo idrico Piave Piave Soligo
Azoto ammoniacale (N) mg/l 0.02 0.02 0.09
Azoto nitrico (N) mg/l 1.64 1.81 3.33
Fosforo totale (P) mg/l 0.1 0.08 0.23
BOD5 a 20°C mg/l 2.05 1.55 3.58
COD mg/l 8.5 12 13.25
Ossigeno disc.% sat.O2 96.5 101.75 86.25
Escherichia coli ufc/100 ml 392.5 192.5 3000

Tabella 1: Valori dei macrodescrittori del Piano di monitoraggio per le acque superficiali del Veneto 2000.

MACRODESCRITTORI Crocetta del Montello
(staz. N° 303)
Susegana
(staz. N° 304)
Pieve di Soligo
(staz. N°35)
Corpo idrico Piave Piave Soligo
Punteggi macrodescrittori
Pnti N-NH4 80 80 40
Punti N-NO3 20 20 20
Punti P 40 40 20
Punti BOD5 80 80 40
Punti COD 40 20 20
Punti % sat. O2 80 80 40
Punti E. coli 40 40 20
SOMME (LIM) 380 360 200
CLASSE MACRODESCRITTORI 2 2 3
IBE 29-10 9-10 10-11
CLASSE IBE II-I II-I I
STATO ECOLOGICO 2 2 3
Conc. Inq. Tab.1 (75° perc.) > v. soglia NO NO NO
STATO AMBIENTALE Buono Buono Sufficiente

Tabella 2: Punteggi e classi di qualità (macrodescrittori, IBE, Stato ecologico, Stato ambientale) del Piano di monitoraggio per le acque superficiali del Veneto 2000.

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È interessante evidenziare alcuni parametri monitorati dall’ARPAV dal 1988 al 1998 a Ponte della Priula (TV) (Fig. 8). La temperatura media dell’acqua è aumentata di 6°C in 10 anni, contribuendo a diminuire la concentrazione dell’ossigeno disciolto. Anche la concentrazione di Azoto Nitrico mostra una chiara tendenza alla crescita.
Secondo i dati ARPAV pubblicati sulla Relazione Stato Ambiente 2000 della Provincia di Treviso per il periodo 1993-99 e sulla pubblicazione Il Piave (2000), il fiume ha mantenuto buone condizioni qualitative per quanto riguarda l'IBE, oscillando tra la I e la II classe di qualità.
In linea generale quindi tutti i dati confermano la buona qualità delle acque del Piave; si riscontra solo un leggero inquinamento, dovuto principalmente all'attività agricola, accentuato localmente in montagna in particolare dopo i centri urbani: tale fenomeno va contrastato con azioni di disinquinamento di natura tecnologica (completamento reti fognarie, impianti di depurazione, etc) e preventiva nei settori agricolo e zootecnico.
Infine preme sottolineare l'ottima qualità (classe I) rilevata nel 1997 alle Fontane Bianche, risorgiva laterale del Piave nei pressi di Falzé. Il risultato qualitativo è dato dall'elevato numero di taxa riscontrati, dalla presenza del plecottero Leuctra e dalla presenza di una comunità ben strutturata secondo tutte le componenti trofiche funzionali.

TIPI DI HABITAT PRESENTI

Con la denominazione habitat si identifica la condizione ambientale fisico-chimica ideale di vita di un individuo o di una specie. Quando in questa definizione, che riguarda esclusivamente gli aspetti abiotici dell’ambiente, vengono coinvolte anche le influenze di altre specie che vi coabitano, l’unità ambientale viene definita nicchia ecologica.
Il biotopo, il luogo reale di vita di una comunità di individui o di più specie, cioè di una biocenosi, rappresenta l’unità fondamentale dell’ambiente: rappresenta aree nelle quali le condizioni ambientali fisico-chimiche sono uniformi, per cui nel biotopo è presente una comunità costante di specie e di forme che lo caratterizzano.
Biocenosi viene definita la comunità che vive in un dato biotopo, costituita da specie adattate e co-adattate alle condizioni ambientali del biotopo. Tra i biotopi dell’area biogeografia relativa alla zona collinare del Piave oggetto del presente studio troviamo essenzialmente i seguenti:

  • Risorgiva e palude alveare: Biotopo acquatico puntiforme localizzato nella fascia alveare prealpina, collinare e d’alta pianura. È caratterizzato da acque sorgive, acque fluenti e acque lentiche che determinano una sintesi di vari ambienti acquatici e quindi una ricca e varia dotazione floristica e faunistica. Vi sono rappresentate fitocenosi di idrofite e di alofite e zoocenosi complesse, di fondale e natanti, con decine di specie di invertebrati e vertebrati.
  • Grava fluviale prealpina e planiziale: Biotopo emerso, di tipo nastriforme e di notevole superficie. È costituito dalle distese di depositi alluvionali d’alveo, formati da ghiaie di dimensioni progressivamente decrescenti, e da lenti di sedimento fine di tipo sabbioso. Caratteri ambientali e microclima risultano peculiari e presentano valori di tipo steppico. La dotazione biotica risulta disomogenea, con fitocenosi espresse da comunità pioniere, praterie steppiche, arbusteti xerofili e bosco idrofilo. Tipica è la presenza di specie alpine trascinate a quote inferiori dalle acque fluviali (drift). La dotazione faunistica risulta parimenti ricca di specie, anche se la densità delle popolazioni appare generalmente attestata su livelli bassi.

Gli habitat di interesse naturalistico delle Grave si sviluppano in associazioni vegetali che variano a seconda dell’igrofilia del sito: sui terrazzi fluviali si sviluppano formazioni ripariali ascrivibili ai Sali-Populetum, costituite da Salix alba e Populus nigra, con presenza di Alnus glutinosa nelle stazioni con ristagno idrico meno prolungato. Il sottobosco è caratterizzato da Sambus nigra, Robus spp., Corylus avellana, Frangula alnus, ecc. In alcune zone il bosco lascia il posto a formazione arbustive prevalentemente costituite da diverse specie del genere Salix (S. elaeagnos, S. purpurea, S. cinerea) e occasionalmente dall’olivello spinoso (Hippophae rhamnoides) generalmente in consorzi puri. Si rinvengono anche specie esotiche invasive come Amorpha fructicosa, Buddleja davidii e specie esotiche naturalizzate come Robinia pseudacacia. Tipica è la presenza di specie alpine trascinate a quote inferiori dalle acque fluviali.
Le forme della vegetazione riscontrabili lungo il Piave sono molto varie e complesse; si possono tuttavia riassumere come segue le principali tipologie riscontrate nel tratto di interesse per questo studio:

Vegetazione dulcacquicola

Costituita da aggregazioni floristiche di idrofite ed alofite che popolano le acque del Piave e dei suoi affluenti, delle paludi perifluviali e dei laghi e le loro sponde. Sono specie tipiche di acque correnti o ambienti palustri, con poche specie ad ampia diffusione, di tipo sommerso e natante e aggregazioni palustri. Tra queste:

  • Vegetazione a pota-lamineto e ninfeto. Di pianura, presenti nei corsi d'acqua di bonifica;
  • Fragmiteto. Prevalentemente nella zona di foce;
  • Formazioni a tifa e sparganio. Riscontrabile lungo i ruscelli di risorgiva nel tratto planiziale.

Vegetazione igrofila e riparia

Costituita da aggregazioni floristiche di alveo, presenti nelle golene di pianura su suoli a diversa granulometria ma ricchi d'acqua. Le forme sono di tipo forestale, costituite da arbusti e boschi di alto fusto in successione ecologica tra loro. Tra le aggregazioni si riscontrano:

  • Boschi a salice bianco e pioppo nero e boschi a pioppo bianco e pioppo nero. Crescono lungo l'intero corso di pianura e prealpino e occupano le grave allagate dalle piene. Sono formati da salice bianco (Salix alba), pioppo nero (Populus nigra), pioppo bianco (Populus alba) che tende a formare boschi puri. Tra gli arbusti, salice da ceste (Salix triandra), salice purpureo (Salix purpurea), falsa gaggia (Amorpha fruticosa); tra le erbacee la cannella delle paludi (Calamagrostis epigeios), verga d'oro canadese (Solidago virgaurea), topinambur (Heliantus tuberosus) e astro annuale (Aster squamatus).
  • Boschi a ontano nero. Lungo le sponde dei ruscelli di risorgiva e dei ruscelli collinari (Soligo e Raboso) si sviluppano diaframmi lineari di bosco igrofilo caratterizzati dalla presenza prevalente di ontano nero (Alnus glutinosa). Si tratta delle ultime vestigia di formazioni forestali spiccatamente igrofile che si sviluppavano in ambiente ripario; sono anche caratterizzate dagli arbusti sanguinella (Cornus sanguinea), frangola (Frangula alnus) e salice cinereo (Salix cinerea) e di erbe palustri quali i carici (Carex elata, C. riparia), il giaggiolo di palude (Iris pseudocarus) e la salcerella (Lythrum salicaria).
  • Flora delle forre umide collinari e montane. Sui versanti umidi e ombreggiati delle vallecole dei torrenti, sono caratteristiche le felci: felce maschio (Dryopteris filix-mas), felce femmina (Athyrium filix-foemina), lingua cervina (Scolopendrium vulgare), l'esotica felce falcata (Cyrtomium fortunei), i ciclamini delle alpi (Cyclamen purpurascens) e la borrana (Omphalodes verna).
  • Boscaglie di salice ripaiolo, salice nero e ontano bianco.

Vegetazione mesofila

Si tratta dell'aggregazione più estesa lungo il bacino del Piave, tra la bassa pianura e il piano montano inferiore. Si ritrova su suoli fertili in un clima temperato con valori medi di umidità, temperatura e luminosità. Le forme sono di tipo forestale, naturali o artificiali, e prativo artificiale. Si rinvengono:

  • Boscaglie esotiche a robinia prevalente. Sono una costante nelle golene di pianura e in ambiente collinare, in cui flora esotica si mescola a flora autoctona. Oltre alla robinia si ritrova il gelso (Morus alba), ailanto (Ailanthus glandulosa) e arbusti come vite americana (Vitis labrusca), caprifoglio del Giappone (Lonicera japonica). Particolare forma arbustiva dell'alta pianura è la falsa gaggia (Amorpha fruticosa) e l'albero delle farfalle (Buddleya davidii).
  • Querco-carpineti. Si sestendono sui versanti collinari freschi e basse pendici prealpine. Anche se spesso inquinati da specie infestanti, gli elementi tipici sono farnia (Quercus pedunculata), rovere (Quercus sessiflora), frassino padano (Fraxinus oxycarpa), carpino bianco (Carpinus betulus); tra gli arbusti pallon di maggio (Viburnum opulus), corniolo (Cornus mas), fusaggine (Evonymus europaeus), edera (Hedera helix); tra le erbacee anemone bianca (Anemone nemorosa), pervinca (Vinca minor), primula comune (Primula vulgaris) e campanelle comuni (Leucojum vernum).
  • Castagneti. Sui suoli del Montello e sul versante meridionale prealpino. Accanto al castagno (Castanea sativa) ospita rovere (Qurcus sessiflora), acero di monte (Acer pseudoplatanus) e ciliegio (Prunus avium); nel sottobosco si rinvengono vitalba (Clematis vitalba), lantana (Viburnum lantana), biancospino (Crataegus oxycanta), con felce aquilina (Pteridium aquilinum), anemone fegatella (Hepatica nobilis) e campanula selvatica (Campanula trachelium).
  • Faggete prealpine e alpine. Il passaggio dai castagneti alla faggeta è graduale e il dominio del faggio si riscontra sui rilievi prealpini e alpini, tra i quali la foresta del Cansiglio. Dal punto di vista floristico è abbastanza povera e si hanno assieme al faggio (Fagus selvatica), l'abete bianco (Abies alba) e il tasso (Taxus baccata); nelle radure si trovano il maggiociondolo alpino (Laburnum alpinum) e caprifoglio peloso (Lonicera xylosteum); tra le erbacee stellina odorata (Asperula odorata), anemone trifogliata (Anemone trifola), orchidea nido d'uccello (Neottia nidus-avis) e anemone fegatella.
  • Prati falciabili di pianura e collina a arrenatereto ad avena altissima (Arrhenatherum elatius). Questa flora, di protezione degli argini e dei prati falciabili nelle golene, è costituita da un centinaio di specie e è caratterizzata dalle dense fioriture stagionali.
  • Prati-pascolo montani a triseteto. Si ritrovano sulle dorsali e i versanti prealpini e sono dovuti alla pratica dello sfalcio e di sfruttamento a pascolo.

Vegetazione xerofila

Costituita da aggregazioni floristiche differenziate distribuite tra l'alta pianura e il bacino montano. I suoli possono essere formati da ghiaie e sabbie fluviali, ferretto collinare o terriccio acido e interstiziale delle aree montane calcaree; il clima varia da temperato e microtermico a continentale. Si rinvengono forme a praterie, arbusteti e boschi:

  • Boscaglie a olivello spinoso delle grave di pianura. Arbusteti radi e di medio sviluppo in cui all'olivello spinoso (Hippophae ramnoides) si associano salice ripaiolo, pruno spinoso (Prunus spinosa) e biancospino (Crataegus monogyna).
  • Orno-ostrieti collinari e pedemontani. Sui versanti caldi e asciutti della collina e della pedemontana, si ritrovano roverella (Quercus pubescens) e più frequentemente orniello (Fraxinus ornus) e carpino nero (Ostrya carpinifolia).
  • Pinete a pino silvestre e pino nero. Sui versanti aridi delle vallate alpine.
  • Magredi di grava e prati aridi di dorsale collinare. Nei banchi di sedimento arido ai margini delle grave, è caratterizzata da specie xerofile di clima continentale steppico e termofile, elementi relitti di condizioni climatiche precedenti. Componenti tipiche sono erba delle fate (Stipa veneta), campanula di Siberia (Campanula sibirica), paleo gracile (Koeleria gracilis), bromi (Bromus sp.pl.), garofano selvatico (Dianthus sylvestris), serpillo (Thymus serpyllum), eliantemo maggiore (Heliantemum nummularium) e ofride dei fuchi (Ophrys fuciflora).
  • Brometi montani. Sono le forme più aride del prato-pascolo collinare, sviluppate su versanti ad elevata pendenza. Si ritrovano bromo eretto (Bromus erectus), vulneraria comune (Anthyllis vulneraria), garofano dei certosini (Dianthus carthusianorum), erba querciola (Teucrium chamaedrys), eliantemo (Helianthemum nummularium), olearia peperina (Filipendula vulgaris) e vedovino selvatica (Scabiosa columbaria).

SPECIE FAUNISTICHE

Per quanto attiene alle specie faunistiche presenti nell’area, il territorio rientra nella parte più meridionale della zona faunistica omogenea del Grappa - Visentin che ha una superficie di circa 130.000 ha. La dotazione faunistica risulta ricca di specie, anche se la densità delle popolazioni appare generalmente attestata su livelli bassi.
Per quanto riguarda il territorio trevigiano sono stati pubblicati nel passato i risultati di alcune ricerche, essenzialmente di carattere distributivo.
Il capriolo potrebbe essere potenzialmente la specie venatoria dominante. Altra specie venatoria di rilievo è il fagiano, mentre negli ultimi cinque lustri la quaglia si è rarefatta del 90% e la starna è pressoché scomparsa. Anche la lepre comune è in forte regresso. Di interesse sono la beccaccia e i diversi uccelli acquatici. Anche il Crex crex (Re delle Quaglie) è saltuariamente presente.
Di seguito si elencano le specie animali osservate negli habitat presenti nel pSIC/ZPS e nelle zone limitrofe allo stesso (*=specie presente nella Direttiva 92/43/CEE – HABITAT e nell’allegato I della Direttiva 79/409/CEE -UCCELLI- modificata dalla Direttiva 91/244/CEE) facendo riferimento alla check-list della Provincia di Treviso per la fauna presente nel proprio territorio.

Mammiferi:

Informazioni sulla presenza delle specie di Mammiferi dell’area sono desumibili dall'Atlante dei Mammiferi del Veneto.

Ordine Famiglia Specie Nome Volgare
Insectivora Erinacidae Erinaceus europaeus (Linnaeus, 1758) Riccio europeo (Fig. 9)
Insectivora Soricidae Sorex alpinus (Schinz, 1837) Toporagno alpino
Insectivora Soricidae Sorex araneus (Linnaeus, 1758) Toporagno comune
Insectivora Soricidae Sorex minutus (Linnaeus, 1766) Toporagno nano
Insectivora Soricidae Neomys anomalus (Cabrera, 1907) Toporagno acquatico di Miller
Insectivora Soricidae Crocidura leucodon (Hermann, 1780) Crocidura ventre bianco
Insectivora Soricidae Crocidura suaveolens (Pallas, 1811) Crocidura minore
Insectivora Talpidae Talpa europaea (Linnaeus, 1758) Talpa europea
Chiroptera Rhinolophidae Rhinolophus euryale (Blasius, 1853) Ferro di cavallo euriale
Chiroptera Rhinolophidae Rhinolophus ferrumequinum (Schreber, 1774) Ferro di cavallo maggiore
Chiroptera Vespertilionidae Myotis capaccinii (Bonaparte, 1837) Vespertilio di Capaccini
Chiroptera Vespertilionidae Myotis myotis (Borkhausen, 1797) Vespertilio maggiore
Chiroptera Vespertilionidae Myotis mystacinus (Leisler in Kuhl,1819) Vespertilio mustacchino
Chiroptera Vespertilionidae Pipistrellus kuhli (Natterer in Kuhl, 1819) Pipistrello albolimbato
Chiroptera Vespertilionidae Pipistrellus nathusii (Keyeserling & Blasius, 1839) Pipistrello di Nathusius
Chiroptera Vespertilionidae Pipistrellus pipistrellus (Schreber, 1774) Pipistrello nano
Chiroptera Vespertilionidae Hypsugo savii (Bonaparte, 1837) Pipistrello di Savi
Chiroptera Vespertilionidae Eptesicus seronitus (Schreber, 1774) Serotino comune
Chiroptera Vespertilionidae Plecotus austriacus (Fischer, 1829) Orecchione meridionale
Chiroptera Vespertilionidae Miniopterus schreibersi (Natter in Kuhl, 1819) Miniottero
Logomorpha Leporidae Lepus europaeus (Pallas, 1778) Lepre comune (Fig. 9)
Rodentia Sciuridae Sciurus vulgaris (Linnaeus, 1758) Scoiattolo
Rodentia Myoxidae Myoxus glis (Linnaeus, 1766) Ghiro
Rodentia Myoxidae Muscardinus avellanarius (Linnaeus, 1758) Moscardino
Rodentia Microtidae Clethroniomys glareolus (Schreber, 1780) Arvicola rossastra
Rodentia Microtidae Arvicola terrestris (Linnaeus, 1758) Arvicola d'acqua
Rodentia Microtidae Microtus arvalis (Pallas, 1779) Arvicola campestre
Rodentia Microtidae Microtus liechtensteini (Wettstein, 1927) Arvicola del Liechtenstein
Rodentia Microtidae Microtus savii (De Sèlys Longchamps, 1838) Arvicola di Savi
Rodentia Microtidae Chionomys nivalis (Martins, 1842) Arvicola delle nevi
Rodentia Muridae Apodemus agrarius (Pallas, 1771) Topo selvatico a dorso striato
Rodentia Muridae Apodemus flavicollis (Melchior, 1834) Topo selvatico collo giallo
Rodentia Muridae Apodemus sylvaticus (Linnaeus, 1758) Topo selvatico
Rodentia Muridae Micromys minutus (Pallas, 1771) Topolino delle risaie
Rodentia Muridae Rattus norvegicus (Berkenhout, 1769) Surmolotto
Rodentia Muridae Rattus rattus (Linnaeus, 1758) Ratto nero
Rodentia Muridae Mus domesticus /Rutty, 1772 Topolino delle case
Carnivora Canidae Vulpes vulpes (Linnaeus, 1758) Volpe
Carnivora Mustelidae Meles meles (Linnaeus, 1758) Tasso (Fig. 9)
Carnivora Mustelidae Mustela nivalis (Linnaeus, 1766) Donnola
Carnivora Mustelidae Mustela putorius (Linnaeus, 1758) Puzzola
Carnivora Mustelidae Mustela vison (Schreber, 1777) Visone americano
Carnivora Mustelidae Martes foina (Erxleben, 1777) Faina
Carnivora Mustelidae Martes martes (Linnaeus, 1758) Martora
Artiodactyla Cervidae Capreolus capreolus (Linnaeus, 1758) Capriolo

[Fonte: Bon M., Paolucci P., Mezzavilla F., De Battisti R., Venier E. (a cura di) (1995)].

animeli animali2

animali3

Figura 9: Da sinistra a destra e dall’alto in basso: riccio (Erinaceus europaeus) lepre (Lepus europaeus) e tasso (Meles meles).

Uccelli
Numerose informazioni si ottengono dall'Atlante degli uccelli nidificanti nelle province di Treviso e Belluno. I dati sull'avifauna riportano la presenza di 138 specie delle quali 114 indicate, secondo la terminologia classicamente utilizzata per gli Atlanti, come 'nidificanti certe' mentre 12 ciascuna per le altre due categorie di 'nidificanti probabili' ed 'eventuali'. Nell’area si segnalano le seguenti specie:
Falconiformi: Accipiter nissus, Buteo buteo, *Circaetus gallicus, *Circus aeruginosus, *Falco peregrinus, Falco tinnunculus, Falco vespertinus, *Milvus migrantus, *Milvus milvus, *Pandion haliaetus, *Pernis apivorus.
Galliformi: *Chilidonias niger, Coturnix coturnix,*Perdix perdix, Phasianus colchicus.
(Si segnala che, operando secondo criteri biologici, etici ed economici, la Provincia di Treviso ha avviato un programma di reintroduzione della starna (Perdix perdix) lungo il medio corso del fiume Piave).
Columbiformi: Columba palumbus, Streptopelia turtur.
Cuculiformi: Cuculus canorus.
Stringiformi: Athene noctua, Asio otus, Bubo bubo, Otus scopus, Strix aluco, Tyto alba.
Apodiformi: Apus apus, Delichon urbica.
Coraciformi: *Alcedo atthis (Fig. 10), Upupa epos.
Piriformi: Dendrocopos major, Picus viridis, Jynx torquilla.
Passeriformi: Acanthis cannabina, Acanthis flammea, Acrocephalus arundinaceus, Acrocephalus scirpaceus, Aegithalos caudatus, Alauda arvensis, Anthus pratensis, Anthus trivialis, Carduelis carduelis, Carduelis chloris, Carduelis citrinella, Carduelis spinus, Corvus coronae cornix, Corvus frugilegus, Emberiza cia, Emberiza cirlus, Emberiza citrinella, *Emberiza hortulana, Erithacus rubecola, Ficedula hypoleuca, Frangilla coelebs, Frangilla montifrangilla, Garrulus glandarius, *Lanius collurio, Lossia curvirostra, *Lullula arborea, Luscinia megarinchos, Motacilla flava, Motacilla alba, Oriolus oriolus, Parus ater, Parus caeruleus, Parus major, Passer domesticus italiae, Passer montanus, Phylloscopus sibilatrix, Phylloscopus trochilus, Phoenicurus ochruros, Phoenicurus phoenicurus, Pyrrhula pyrrhula, Pica pica, Regulus ignicapillus, Regulus regulus, Saxicola torquata, Serinus serinus, Sturnus vulgaris, Sylvia atricapilla, Sylvia borin, Sylvia communis, Troglodytes troglodytes, Turdus merula, Turdus philomelos, Turdus pilaris.
Caradriformi: Buhrinus oedicnemus, *Philomachus pugnax, Scolopax rusticola.
Anseriformi: Anas platyrhyncos, Aynthya spp., Anas spp.
Ciconiformi e Gruiformi: Ardea cinerea (Fig. 10), *Ardea purpurea, *Ardeola ralloides, *Botaurus stellaris, *Ciconia ciconia, *Ciconia nigra, *Egretta alba, Egretta garzetta (Fig. 11), Fulica atra, Gallinula chloropus, *Grus grus, *Ixobrychus minutus, *Nycticorax nycticorax, *Porzana parva, *Porzana porzana, Rallus aquaticus.

martin airone

Figura 10: Da sinistra a destra: Martin pescatore (Alcedo atthis), airone cinerino (Ardea cinerea).

Di seguito si individuano le specie di uccelli nidificanti nella Provincia di Treviso e inclusi nella lista rossa nazionale compilata dall’I.U.C.N. (International Union for the Conservation of Nature and Natural Resources) di specie minacciate classificate per grado di minaccia:

Livello “in pericolo” Livello “vulnerabile” Livello “a più basso rischio”
Alzavola (Anas crecca) Sgarza ciuffetto (Ardeola ralloides) Tarabusino (Ixobrychus minutus)
Biancone (Circaetus gallicus) Marzaiola (Anas querquedula) Airone cenerino (Ardea cinerea)
Voltolino (Porzana porzana) Falco pecchiaiolo (Pernis apivurus) Francolino di monte (Bonasa bonasia)
Beccaccia (Scolopax rusticola) Nibbio bruno (Milvus migrans) Porciglione (Rallus aquaticus)
Aquila reale (Aquila chrysaetos) Quaglia (Coturnix coturnix)
Lodolaio (Falco subbuteo) Corriere piccolo (Charadrius dubius)
Gallo cedrone (Tetrao urogallus) Barbagianni (Tyto alba)
Coturnice (Alectoris graeca) Assiolo (Otus scops)
Piro piro piccolo (Actitis hypoleucos) Gufo comune (Asio otus)
Gufo reale (Bubo bubo) Martin pescatore (Alcedo atthis)
Civetta nana (Glaucidium passerinus) Picchio verde (Picus viridis)
Merlo acquaiolo (Cinclus cinclus) Codirossone (Monticola saxatilis)
Corvo imperiale (Corvus corax)
Frosone (Coccothraustes coccothraustes)
Ortolano (Emberiza ortulana)

Fonte: LIPU e WWF (a cura di), 1999. Lista rossa degli uccelli nidificanti in Italia (1988-1997). In Brichetti P. & A. Garimboldi, Manuale pratico di ornitologia, Edagricole, Bologna, Mezzavilla F. 1989. Atlante degli uccelli nidificanti nelle province di Treviso e Belluno (Veneto) 1983-1988. Museo civico di Storia e Scienze Naturali, Montebelluna, elaborazioni Agenda 21 Consulting.

egretta natrix

Figura 11: Garzetta (Egretta garzetta) e natrice dal collare (Natrix natrix).

E’ in via di pubblicazione l'Atlante regionale degli Anfibi e Rettili per la fauna erpetologica, ma per il momento è possibile ricavare l'elenco delle specie presenti nel Trevigiano da un lavoro presentato al Convegno dei Faunisti Veneti tenutosi a Padova nel 1997.
Le specie di Anfibi che risultano presenti nell’area sono 12 e 14 anche quelle della classe dei Rettili. Considerato che nella Regione del Veneto vengono segnalate 15 specie di Anfibi e 20 di Rettili, si può considerare piuttosto ricco il popolamento erpetologico dell’area.

Rettili

classe ordine famiglia specie nome volgare
Reptilia Testudines Emydidae Emys orbicularis (Linnaeus, 1758) Testuggine palustre
Testudines Emydidae Thachemys scripta (Schoepff,1792)
Squamata Anguidae Anguis fragilis (Linnaeus, 1758) Orbettino
Squamata Lacertidae Lacerta bilineata (Daudin, 1802) Ramarro
Squamata Lacertidae Podarcis muralis (Laurenti, 1768) Lucertola muraiola
Squamata Lacertidae Podarcis sicula (Rafinesque, 1810) Lucertola campestre
Squamata Lacertidae Zootoca vivipara (Jacquin, 1787) Lucertola vivipara
Squamata Lacertidae Coluber viridiflavus (Lacepede, 1789) Biacco
Squamata Lacertidae Coronella austriaca (Laurenti, 1768) Colubro liscio
Squamata Lacertidae Elaphe longissima (Laurenti, 1768) Colubro di Esculapio
Squamata Lacertidae Natrix natrix (Linnaeus, 1758) Biscia d'acqua (Fig. 11)
Squamata Lacertidae Natrix tessellata (Laurenti, 1758) Natrice tessellata
Squamata Viperidae Vipera aspis (Laurenti, 1768) Vipera comune
Squamata Viperidae Vipera berus (Linnaeus, 1758) Marasso

[Fonte: Benà M., A. Dal Farra, G. Fracasso, M. Mengon, R. Pollo, J. Richard, M. Semenzato, 1999].

Anfibi

classe Ordine famiglia specie nome volgare
Amphibia Urodela Salamandridae Salamandra salamandra (Linnaeus, 1758) Salamandra pezzata
Urodela Salamandridae *Triturus carnifex (Laurenti, 1768) o cristatus Tritone crestato
Urodela Salamandridae Triturus vulgaris (Linnaeus, 1758) Tritone punteggiato
Anura Discoglossidae *Bombina variegata (Linnaeus, 1758) Ululone dal ventre giallo
Anura Bufonidae Bufo bufo (Linnaeus, 1758) Rospo comune
Anura Bufonidae Bufo viridis (Laurenti, 1768) Rospo smeraldino
Anura Hylidae Hyla intermedia (Boulenger, 1882) o arborea Raganella
Anura Ranidae Rana dalmatina (Bonaparte, 1840) Rana agile
Anura Ranidae *Rana latastei (Boulenger, 1879) Rana di Lataste
Anura Ranidae Rana synclepton esculenta (L-E sistem) Rana verde
Anura Ranidae Rana lessonae (Camerano, 1882) Rana dei fossi
Anura Ranidae Rana temporaria (Linnaeus, 1758) Rana di montagna

[Fonte: Benà M., A. Dal Farra, G. Fracasso, M. Mengon, R. Pollo, J. Richard, M. Semenzato, 1999].

Pesci

I dati relativi all’ittiofauna sono forniti dalla Provincia attraverso la Carta Ittica.

Alburnus alburnus alborella, Anguilla anguilla, *Barbus plebeius, Barbus meridionalis, *Cobitis tenia, *Chondrostoma genei, *Cottus gobio, Cyprinus carpio, Esox lucius, Gasterosteus aculeatus, Lepomis gibbosus, Leuciscus cephalus (Fig. 12), Padagobius martensi, *Pomatoschistus canestrini, Phoxinus phoxinus, Salmo (trutta) fario, *Salmo (trutta) marmoratus (Fig. 12), Thymallus thymallus.

trota cavedano

Figura 12: Trota marmorata (Salmo (trutta) marmoratus) e cavedano (Leuciscus cephalus).

Le cause di minaccia per le diverse specie di pesci sono da individuarsi nella progressiva alterazione morfologica dei corsi d'acqua verificatasi, nello scadimento delle caratteristiche qualitative delle acque, nell'eccessiva pressione dovuta alla pesca e, per la trota marmorata, nell'inquinamento genetico legato all'ibridazione con individui di trota fario immessi in notevole quantità con le operazioni di ripopolamento.
Un altro nodo critico, per quanto riguarda la fauna ittica, è rappresentato alle immissioni di specie alloctone che spesso entrano in competizione ecologica con le specie autoctone e possono esserne fattore di minaccia. In provincia di Treviso è stata determinata la presenza di 51 specie di pesci di cui 20, corrispondenti a circa il 39%, sono alloctone; quindi un valore piuttosto alto considerato che dai dati complessivi della regione Veneto la frazione di entità alloctone sul totale di specie presenti è del 30,8% (24 su 78).

Invertebrati

Questo gruppo è rappresentato da un numero enorme di specie che vanno ad occupare ogni possibile tipo di micro-ambiente. In particolare l’entomofauna costituisce un campo immensamente ricco di specie e varietà, talvolta ancora da scoprire e segnalare. Spicca la presenza del coleottero scarabeide *Osmoderma eremita indicatore di qualità nei prati permanenti.
Tra la fauna acquatica invertebrata si segnala la presenza di crostacei d’acqua dolce, *Austropotamobius pallipes, gambero di fiume (Fig. 13) e mollusco bivalvo del genere Unio.

gambero

Figura 13: Gambero di fiume.

CARATTERISTICHE DI QUALITÀ E IMPORTANZA DEL SITO

La Scheda Natura 2000 della Regione Veneto descrive questo sito come un’area di espansione fluviale costituita da alluvioni grossolane colonizzate in parte da vegetazione pioniera, da prati xerofili su terrazzi particolarmente consolidati, boschetti ripariali e macchie con elementi di vegetazione planiziale e, nelle depressioni, canneti.
Sono presenti saliceti riferibili al climax del Salicion eleagni e del Salicion albae a cui sono frequentemente associati, nelle zone a substrato maggiormente stabilizzato, arbusti eliofili ed elementi dei Querco-Fagetea. Sono presenti tratti di canneto ad elofite (Phragmition) e praterie xeriche su substrati ghiaiosi e sabbiosi, altrove infrequenti, riferibili ai Festuco-Brometea con ingressione di specie mesofile dove il terreno è meno drenato. Il sito riveste anche importanza per l’avifauna e la fauna interstiziale.
Al centro del sito delle Grave del Piave sorge l’oasi naturale “Fontane Bianche di Fontigo”, che comprende 24 ettari di bosco ripariale idrofilo, acque di risorgiva e canneti. L’oasi è gestita dal Circolo Legambiente di Sernaglia della Battaglia, che ha il terreno in concessione dal demanio. Ogni anno circa 5-6.000 persone, prevalentemente scolaresche, visitano l’oasi.
Le Fontane Bianche sono una risorgiva laterale del fiume Piave. Hanno fondale costituito da ciottoli, con massi, sabbia e ghiaia in subordine. L'alveo è in parte ricoperto da vegetazione marofitica, le sponde sono ombreggiate da vegetazione ad alto fusto continuo ed arbusti pionieri.
L’area è delimitata a nord dall’antico terrazzo fluviale del Piave e a sud dall’alveo del fiume stesso e si trova alla confluenza dei torrenti Raboso e Rospèr nel fiume Piave, prima della spalla rocciosa sulla quale sorge Falzé di Piave.
La falda acquifera che genera le Fontane Bianche è indipendente dalla confluenza con il Piave e le sue acque risultano di ottima qualità (I classe IBE).
Una delle caratteristiche di quest’area è data dalla presenza di estesi banchi di nebbia che si formano d’estate per condensa dell’aria umida e calda a contatto con le acque fredde (intorno ai 10°C) della sorgente.
Dal punto di vista vegetazionale, si rinvengono in quest’area sia specie provenienti dalla pianura, sia specie termofile provenienti dalle colline, sia specie montane trasportate attraverso il Raboso o il Piave. A queste si aggiungono le specie di aree umide nonché specie ruderali insediatesi nelle vicine grave.
Si sottolinea in particolare la presenza di Orchis militaris, Gymnademia conopsea (Fig. 14), Lilium bulbiferum, Listera ovata (Fig. 14), Pulmonaria vallarsae tra le specie termofile. Tra le specie igrofile Iris sibirica (Fig. 14).

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Figura 14: Gymnademia conopsea, Listera ovata e Iris sibirica.

L’omeotermia che caratterizza quest’area determina inoltre le reiterate fioriture.
Per quanto riguarda la fauna, le Fontane Bianche rappresentano un’area di sosta preferenziale per l’avifauna di passo e talvolta anche per gli svernanti, vista la presenza di vasche di acqua immerse nel verde e lontane di centri abitati. Si ricordano tra gli altri germano reale, porciglione, gallinella d’acqua, garzetta, airone cinerino, marzaiole.
Tra la fauna stanziale si osservano varie specie tra cui picchio, rapaci (come gufo comune, allocco, poiana) e Martin pescatore.
Nella zona delle Fontane Bianche, così come alla foce del Teva a Vidor e del Soligo più a valle, si concentra la fauna ittica, costituita prevalentemente da trote, cavedani, barbi, alborelle, anguille, vista la quasi costante secca del Piave nel tratto fino a Nervesa. Infine tra i mammiferi sono da menzionare volpi, puzzole, donnole.
Da segnalare inoltre la recente approvazione da parte del Comune di Sernaglia del “Regolamento comunale per lo spandimento dei fertilizzanti organici naturali” che, tra gli obiettivi che si prefigge, annovera anche la tutela delle acque superficiali e di falda da possibili fonti di inquinamento diffuso.
È importante considerare che questo sito rappresenta uno dei pochissimi ambienti scarsamente antropizzati rimasti nel nostro territorio in cui urbanizzazione e industrializzazione sono state le parole d’ordine degli ultimi decenni. In altre aree dell’Europa c’è stata forse una gestione più oculata del territorio che ha permesso uno sviluppo economico più “eco-sostenibile”.
Diviene quindi fondamentale la tutela delle Grave del Piave in quanto fenomeni di frammentazione, urbanizzazione, inquinamento si ripercuoterebbero immediatamente sulla presenza, sul numero e sulla varietà di specie presenti.
Le grave del Piave inoltre associano a questa fondamentale valenza ecologica un valore paesaggistico, storico-culturale e ricreativo insostituibile.
È infatti da sottolineare, per esempio, la presenza del Parco dell’Isola dei Morti, in prossimità dell’area di intervento. Tale parco è stato creato a scopi celebrativi legati alle vicende della prima Guerra Mondiale, che hanno reso tristemente noto, per il grande tributo di vite umane richiesto, il Fiume Sacro alla Patria. Una serie di viali alberati conduce ai monumenti e ai luoghi di memoria della Grande Guerra: il cippo degli Arditi, le lapidi commemorative e la chiesetta. Si tratta di un bene storico-culturale demaniale di interesse nazionale, minacciato da una situazione di degrado per il dissesto idrogeologico naturale (erosione da parte del fiume, piene, alluvioni).
Considerato che i pericoli maggiori per il sito derivano dalla gestione dell’assetto idrogeologico, dalle coltivazioni e dalle cave abusive e discariche, la realizzazione del progetto oggetto della presente valutazione non rappresenta un fattore di rischio.
D’altro canto, la non realizzazione dell’impianto di fognatura/depurazione inciderebbe negativamente sulla qualità delle acque di falda e delle reti idrografiche minori.

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Figura 15: Gymnadenia odoratissima, Anacamptis pyramidalis, Dactylorhiza (Orchis) incarnata, Orchis morio, Epipactis palustris e Gentiana pneumonanthe

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