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Francesco Rebesco

Luigina Bortolatto

Indice:

Francesco Rebesco: una vita.

Dopo la guerra 1915= 18 in tutte le frazioni di Comuni d'Italia sorgono migliaia di cippi, targhe, monumenti ai caduti, tanto è stato il contributo di vittime versato. Gli stessi Sacrari diventano mausolei come quello scenograficamente decorativo di Redipuglia esaltato dallo stesso D'Annunzio. La celebrazione attraverso i monumenti o la nuova toponomastica delle città dopo (unità d'Italia aveva ricordato eroi, statisti, luoghi di battaglia che vi avevano concorso. Emblematici i monumenti disseminati in tutta la nazione eretti a Garibaldi. Francesco Rebesco si fa scultore pubblico quando prende avvio la "fictio personae" della prosopopea figurativa mussoliniana. È il 1926 e gli viene commissionato (angelo per il Monumento ai Caduti di Liedolo. Il senso della vita che si sprigiona dal passato recente del giovane è impregnato dai colori contrastanti di due diverse realtà: il servizio militare nell'arma aeronautica dal 1917 al 1920, la frequenza dell'Istituto d'Arte Sacra "Beato Angelico" di Milano dal 1922 al 1925. I'esperienza del volo, durata oltre 20 anni, denota doti di coraggio, di energia, di straordinaria efficienza. Al vitalismo del giovane aeronauta è dedicata una raccolta di testimonianze fotografiche storiche e singolari insieme. Tra le lunghe file degli incorporei biplani, libellule che attendono di librarsi sopra il cielo di Muggia (i campi si spostavano seguendo (andamento delle battaglie terrestri), il volto del navigatore aereo, spesso accanto a quello di vivaci colleghi, più che smanioso di far colpo sembro intento a considerare la misteriosa cassetta, esploratrice del transitorio e dell'istante che va fermato. Una baldanza che la castità del bianco e nero segna nell'occasione sbiadita e nelle sue metamorfosi. Così viene fissato un mondo in formazione che avvicina Bocchese, Pellizzari, Mario De Bernardi, destinati a successive imprese di volo, a Rebesco che, rinunciando all'incarico di collaudatore, dopo la guerra insegue un altro mito per esprimere il senso del tempo e della morte. Assorbito per due anni dalla Scuola d'Arte e dai corsi liberi dell'Accademia di Venezia, è il primo allievo iscritto nel novembre 1922 al corso di scultura della Scuola Superiore d'Arte Cristiana di Milano, fondata fanno precedente. L'Istituto, nato con (intento di preparare, con una determinata educazione religiosa unica a un tirocinio tecnico-manuale, gli artisti che desiderano lavorare nel campo dell'arte sacra, vanta fin dall'inizio prestigiosi maestri, dall'architetto Gianluigi Banfi a Giuseppe Polvara, sacerdote, architetto, pittore e intenso pubblicista. Polvara (che a conclusione dell'apprendistato milanese offrirà a Rebesco (insegnamento) dirige la rivista "Arte Cristiana" che, in modo diverso dall'autorevole "Civiltà Cattolica", propone un eclettismo figurativo con larghezza di vedute senza preconcetti di metodo o di scuola. Per "assegnare all'arte ispirata al Cristianesimo un posto distinto e a se` "I si varano strumenti specifici: creazione di un nuova struttura didattica, occasioni espositive di prodotti artistici sacri, sollecitazione di un nuovo mecenatismo. Inserite in contesti ufficiali delle vicende ateistiche del tempo, le sezioni di Arte sacra, nelle Mostre di Arte decorativa di Monza e nelle Biennali romane, propongono (arte "liturgica" connessa con le esigenze del culto e una casistica di immagini di ispirazione religiosa che, manifestandosi con arbitrarietà iconografica o formale, viene recuperata nell'ambito di arte "devozionale-spiritualista". Se più tardi "Arte Cristiana" (1933) nelle Esemplificazioni considera che "il senso divino del Vangelo è interamente espresso" nell'Annunciazione dell'Angelico, mentre "orribilmente realistica" viene presentata l'Annunciazione di Tintoretto, (au torevolezza della fonte di queste considerazioni sono i giudizi della stampa cattolica relativi ai discorsi papali l'I. Per cui Ojetti, critico cattolico, potrà sostenere che "agli antipodi dell'arte da altare sono ff verismo, (impressionismo, il cubismo, il futurismo, (espressionismo" (').
Cosa avrà pensato Rebesco quando l'Aeropittura Arte Sacra futurista non sarà inserita nella II Mostra Internazionale d'Arte Sacra di Roma del 1934 con questa motivazione "le opere degli pseudo-moderni mancano assolutamente di ogni spirito religioso ed hanno un carattere pagano-realistico"? Quel mondo visto dall'alto, che lui pure continua a osservare volando fino al 1939, non gli procura cereo il senso di vertigine intesa come ideologia del pericolo. Abbandonata Milano dopo aver conseguito il diploma della Scuola Superiore d'Arte Sacra, è richiamato nel Veneto da una gran voglia di fare, in cui la fantasia lievita dalle cose viste, assunte nella propria immaginazione, negli studi, negli insegnamenti, negli incontri, negli spostamenti. Il rifiuto a insegnare segue probabilmente la delusione subita dalla 1 e dalla II Biennale inter
nazionale delle Arti decorative nella Villa Reale di Monza del `23 e del `25 per il rustico pittoresco, l'implicita retorica piccolo borghese, l'eclettismo e il liberty manifestati. Forse può averlo impressionato positivamente la Sala Futurista di Depero pur con l'esorbitante quantità di oggetti, quadri, cuscini, sculture, tappeti, di cui l'aveva riempita il geniale artista.
Ma negli occhi e nel cuore restano le opere che Medardo Rosso ha esposto alla "Bottega di Poesia" nel `23 e le considerazioni del Maestro in un'intervista pubblicata per (occasione "tutto è unità, non si divide e non si forma l'aria, come non si può dividere una colorazione... se guardi bene l'acqua, è un tutto assieme...". Il malato all'ospedale, fecce puer, la rieuse ricordano a Rebesco il Canova di alcune rappresentazioni impregnate di stimoli sensoriali dei modellini in terracotta. È la profonda relazione vitale tra uomo e natura, tra personaggio e atmosfera, motivo centrale della ricerca degli artisti veneti dopo Giorgione. La scultura, con la moda delle statue da giardino a cui avevano largamente contribuito i fratelli Marinali tra il Sei e Settecento, aveva proposto un cadenzato pittoricismo che trovava, nella dinastia dei Torretto, di Bonazza, di Camin, modo di esprimersi nelle statue decorative di ville dei Rezzonico, dei Corner-Bolasco, dei Falier, nelle forniture di altari per le chiese locali, con statue laterali di angeli e santi e al centro il tabernacolo, scolpite nelle imprese di tagliapietre che lavoravano nella zona pedemontana ricca di cave tra Bassano, Possagno, San Zenone. Qui è nato Rebesco, ha studiato fino alla terza ginnasio frequentando contemporaneamente una scuola di disegno e una di plastica a Bassano. A Venezia lo hanno attratto le statue e i bassorilievi della facciata di San Rocco di Giovanni Marchiori per i passaggi chiaroscurali e le delicate vibrazioni, ma ancor più gli stili precedenti di forme ampie e serene di Alessandro Vittoria a San Zaccaria e ai Frari che proponevano un'originale interpretazione della "maniera" del Sansovino. In questa geografia vicina, localizzabile, non arcana, Rebesco conserva nell'anima insidiosi affascinanti fantasmi, pitture, sculture, disegni e pastelli di Boccioni, indagati a Milano nel marzo 1924 durante l'esposizione retrospettiva alla "Bottega di Poesia".
Come spiegare il "vuoto" tra le pitture del `25, il Grappa da casa Rebesco, pianura dalle colline di San Zenone con nuvole, che sconfinano in paniche e misteriose scenografie attraversando Wolf Ferrari e Moggioli, e i modellini eseguiti nel `70, la fuga delle streghe, e il carro di Elia, dove la plastilina conserva, con i segni dei polpastrelli, un furioso dinamismo in una perfetta sintesi plastica? È un fatalismo non solo visivo, cui Rebesco partecipa fino a qualcosa che somiglia all'amore. Totale smarrimento è anche quello per Elisabetta Stona, donna della sua esistenza che intrattiene con l'innamorato un incantevole epistolario, quasi giornaliero, prima delle nozze che avvengono nel `32. Creatura sensibile e colta Lisetta gli scrive, rivelandosi direttamente e avvertendo in maniera ostinata che esiste un altro mondo al di là di quello in cui si vive composto da cronaca minuta, che esistono altre passioni, altri paesaggi dove piacere, amore, gelosia, angoscia, paura convivono. Nella scelta delle cartoline illustrate che, come le lettere, percorrono il breve viaggio da Montebelluna a San Zenone, Lisetta dimostra attenzioni e intenzioni precise. Come nel caso di saracinesca, immagine e titolo di un film della Medusa, spedita nel `27. Se i1 documento rivela un periodo di vuoto produttivo nella cinematografia italiana, alimenta tuttavia simboli di desideri individuali. Quale significato voleva trasmettere Lisetta all'amato con questa immagine? Dopo aver coltivato a lungo i figli e la famiglia, Francesco e Lisetta se ne vanno, insieme, nel Natale 1985. Non può sfuggire la natura religiosa e letteraria dell'ispirazione di Rebesco. Fin da ragazzo frequenta la chiesa, viene educato dal parroco di San Zenone don Bernardi, che gli insegna storia, letteratura greca, latina, il Vecchio e il Nuovo
Testamento. L'artificio del giovane si nutre di forme autentiche, quelle della liturgia cattolica, nella chiesa, dove la popolazione contadina si ritrova e nelle consuetudini religiose della casa, dove il rosario si recita ancora. Come racconta un dipinto di Noè Bordignon, artista che Rebesco cattura con lo sguardo, ancora bambino, nella complessa e crepitante decorazione a fresco stesa nella chiesa del paese nata 1e141. L'operosa vita del pittore Bordignon, dopo lunghi soggiorni a Roma e a Venezia, si conclude a San Zenone nel 1920. Anche da lui Rebesco impara che la sua è una terra di colline e dolci pianure, di ritrovi in cucina e nella stalla, di fanciulle che rammendano merletti con occhio malizioso, di ragazze che fanno la calza, di piccoli avvenimenti quotidiani. È la spina tolta a un bambino scalzo, la pappa cotta al fogo, la contadina che pascola i tacchini o toma dai campi con falcetto ed erba nel grembiule, e tanti volti che ritraggono persone comuni, e sono gli stessi dati ai Santi, a Cristo, a Maria come se le scene di Gesù tra i fanciulli o di Gesù tra i dottori si svolgessero nei luminosi spazi di Castelfranco, dove è nato Bordignon, o di San Zenone. Rebesco appartiene al periodo in cui i1 codice letterario sono anche le riflessioni della morale fascista sul sentimento religioso e sulla socialità della famiglia. Se più tardi non registra l'affievolirsi di questi concetti, se non li ignora è perché continua a crederci propagandandoli attraverso l'arte. Le conoscenze, le amicizie, le protezioni, le committenze appartengono a una stessa area geografica dove le predilezioni ambientali, di cui lo scenario è assai ricco, sono altrettanto forti quanto gli interessi morali. Da giovane, stimolato da Bordignon, avvicina la schiettezza umana di Teodoro Wolf Ferrati, l'illusionismo realistico ma anche magico della sua pittura la cui attrazione si rivela nei pochi dipinti iniziali. L'itinerario di Rebesco è tracciato, ritagliato sotto il segno della "devozione" e della stima per le sue opere. Gli Istituti Cavanis, Filippin, grandi macchine polivalenti creare da personaggi illuminati, le Curie, le Diocesi, le Parrocchie sono committenti per edifici e chiese sparse non solo nel territorio veneto, dalla pedemontana e dalla pianura fino al mare. La creatività dell'artista si esibisce nel combinare le immagini di una cultura e di una gente, di rappresentazione e anche di convenzione, qualche volta di favole o di illusioni. Pur datate le sue figure sfuggono da una precisa identificazione per una consuetudine rara e preziosa che si iscrive nello spirituale profilo dell'autore che non ci dà prova di opporsi alla tradizione, non sbalordisce ma preferisce cedere alla modestia con grande attenzione alla disciplina artistica. Se è assente in occasione di importanti mostre"', si deve percorrere l'annosa e misteriosa elabora zione di opere intese a soddisfare la committenza, che non lascia spazio a divagazioni e all'interno della quale l'artista sa riscattare attimi di pausa come di alta concentrazione. Quando ritrae se stesso, a olio nel 1920, nel marmo poco dopo, nessuna singolarità. Non veste il camiciotto, non esibisce tavolozza, pennelli, raspe, tutto è predisposto in modo che nulla possa distrarre l'attenzione di chi guarda. Con giacca, camicia, cravatta, i capelli lievemente in disordine, ciò che prorompe è l'intensità del volto. Tra i contemporanei che gli furono accanto, che lo incontrono, che lo protessero, quell'intensità sollecita, voluta con premeditazione dalla Provvidenza, appariva garanzia per scoprire veramente chi egli fosse, quale vita vissuta e immaginata di studi, esperienze d'amore, di conoscenza, di luoghi e paesi, di dolori, di vittorie, di malinconie, si celasse dietro le sue opere.

1) Arte Cristiana, 1913.
2) Pio XI, 28 ottobre e 7 dicembre 1932.
3) Arte e Chiesa in Il Carriere della Sera, Milano, 10 dicembre 1932.
4) il complesso ciclo di affreschi di Noè Bordignon viene steso nella chiesa parrocchiale di San Zenone tra i1 1869 e i1 1882. Fm i soggetti: 12 Apostoli, l'Assunta, la Fede, la Speranza, la Carità, San Zenone in gloria, il Giudizio universale.
5) si registra soltanto la partecipazione alla XXII mostra dell'Opera 'Bevilacqua La Masa" nel '31 e alla Provinciale trevigiana nel Salone dei Trecento nel '64.

La funzione celebrativa e devozionale

Agli inizi della s attività, esco aderisce a tematiche reli rose, che costituiscono il complesso più nutrito della sua scultura, con il sapiente e solido mode lato dell'Angelo trombettiere di Liedolo. La posi ione alta della figura diventa per il giovane artista la tentazione di ingrandire, di esasperare. La s ida ai secoli con un'opera che resti inserita in un contesto urbano preesistente, sottoposta per rotto ff tempo del percorso, dall'alta gradinata della Chiesa al microscopio di ogni persona, accentua le capacità organizzative di Rebesco, La scelta del soggetto per commemorare i caduti, tra immagini di gloria, la Vittoria alata, o dolente commento funebre, la madre che accoglie tra le braccia l'eroe morto, è piuttosto insolita. La commessa pubblica, politico-amministrativa ed ecclesiastica, quale ruolo ha assunto nell'individuare il tema.
La produzione di Rebesco si è sviluppata subito in direzione di un linguaggio figurativo con modalità di naturalismo e tensione espressiva ed esistenziale non prive di vaghezze decorative. Nell'Angelo trombettiere, con la declamazione del panneggio della tunica e il serto di fiori nella mano, libera dallo strumento, l'influenza simbolista è recitata dall'ondulazione della parte inferiore dell'abito, attenta forse al gesso di Arturo Martini per il monumento a Garibaldi "'. Ma c'è una vitalità fisiologica nell'opera, tipica della scultura veneta, di appartenere al paesaggio entro il quale è stata concepita. I colli degradanti in piccole valli verdi, il più alto dove sorgeva il castello degli Ezzelini, sullo sfondo il massiccio del Grappa, costituiscono scenografia speciale dove il suono della tromba prorompe per dilatarsi nella piana della campagna. Questo particolare "assalto", ben diverso da quello che Dante, attraverso Cunizza, attribuisce alla "facella" Ezzelino III a', risuona dalle aperte logge di villa Rovero e dalle altre dimore patrizie del sito, dichiarando anche, nella fluidità e scioltezza della veste scomposta dell'aria, la memoria delle opere di Giuseppe Bernardi Torretto, come L'Arcangelo Raffaele con Tobiolo della vicina chiesa di Pagnano. Di cultura più elevata la Vittoria con ali, nella caserma di Bassano del Grappa, si pone tra la bella invenzione canoviana della Ebe'", la moda degli abiti da sera di ispirazione classica degli anni Trenta, l'enfasi e la retorica dei gesti del fascismo che offre agli artisti possibilità di espressione. Senza indugiare in una analisi su cui si continua a discutere "I sulla politica culturale fascista tota litaria o egemonica, nel periodo 1926-'43 Rebesco vive la prima fase del regime immaturo e tollerante e la seconda in cui son gettate le basi di un vero totalitarismo entro i margini di una autonomia intellettuale dovuta al carattere personale e alla coscienza dei committenti. Tuttavia già dal `32 il richiamo alla continuità della grande tradizione artistica italiana accosta le parole del Papa, già citate, ai bandi dei "Concorsi della Regione" sul piano della "sacralità" connessa con le immagini richieste dalla committenza religiosa come dalla committenza ufficiale del regime. Queste analogie della problematica dell'arte sacra con (attualità della situazione artistica e politica italiana sono riflesso del più generale sviluppo dei rapporti tra Stato e Chiesa dopo gli accordi lateranensi del '29.
Nel monumento all'alpino di Sant'Eulalia del `33 infatti, superati gli entusiasmi iniziali, Rebesco sembra regredire in un linguaggio popolare incisivo per la semplicità dei mezzi. La figura del soldato, giovanissimo, con una certa rigidità nell'uniforme precisa nei particolari, affronta ff tema celebrativo alieno al tono encomiastico, ma espressione del carattere morale dell'autore e della sua gente. Per commemorare i caduti e i dispersi nella I e II guerra mondiale del paese di Musano Rebesco presenta due modellini. Nel primo una figura con torcia, allegoria della morte ma insieme della Pace che brucia le armi, sorge eretta tra i corpi abbandonati di due soldati; una mitologia di elementare drammaticità per dar luogo a una composizione monumentalmente tridimensionale. Nel secondo modellino, scelto e messo in atto, lo scultore crea un'apposita scena entro 1a quale agiscono due figure femminili intente a sfogliare il libro della storia per soffermarsi sulle pagine dove sono incisi i nomi degli eroi. Nella produzione scultorea dell'artista il tema della figura femminile è ricorrente, sia nella tipologia realistica del ritratto, sia a simboleggiare sentimenti e stati d'animo, come in questo caso, dove lo spettacolo, interrotto, esige la commozione per l'inquadratura tra due muri delle donne dolenti, a capo chino, velato. Una mano sospesa interrompe il farsi dei giorni e il poema della luce e dell'ombra, anche per l'accentuata dialettica dei materiali, pietra viva e bronzo pattinato.
Nel mausoleo ai Caduti del cimitero di San Martino di Lupari, concluso nel 1947, dove il messaggio celebrativo è mediato dal volontariato partigiano nella Resistenza, Rebesco si fa interprete dei suoi valori in nome della fede nella funzione civile dell'arte. II monumento di compone di tre parti; la Vergine in piedi che sor

regge il corpo di Cristo è un grande marmo a1 centro fiancheggiato da due rilievi verticali, in pietra d'Asiago, con 1a scena dell'eccidio e le figure del partigiano e della massaia. Il messaggio cristiano di pace guida Rebesco a impegnarsi in temi iconografici che riassumono anche i motivi ispiratori della sua ricerca: l'amore, la morte, la pietà, in un documento di memoria, una riflessione della storia. Le figure devozionali, Cristo morto sostenuto eretto da Maria, costituiscono elemento di connessione tra la parte alta, metafora della vita più che raffigurazione della morte, e quella illustrativa dei fatti, episodi singoli corrispondenti a una realtà umana. La figura, nei rilievi, copie lo spazio, interrotto dallo stupore dei volti, nella scena dell'eccidio mentre si anima con elementi del quotidiano: la ruota, la sacca, il grembiule colmo di frutta, la vegetazione arborea nell'altra scena, quasi per alleggerire il tono drammatico. Nel monumento a1 Cardinale Maffi della Villa Retta di Paderno, messo in opera nel 1959, lo scultore raccorda la parte alta celebrativa come raffigurazione astratta di un rito, a quella i basso dove i rilievi bronzei affrontano vicende umane. La narrazione, ricca di particolari, si movimenta teatralmente come scenografie variate dove attore è l'uomo, ma anche gli oggetti e la veduta architettonica. Risultato di un tutto organico è il maggior pregio di un'opera fusa i bronzo nel 1964, commissionata da ex allievi in memoria di mons. Filippin. ('orchestrazione dei diversi elementi, il carattere animato dei bassorilievi, la continuità della linea, l'aria aperta senza confini sulla natura arborea fluente e sulle direttive prospettiche diverse delle architetture, lo spostamento continuo del punto di vista, sfilano l'apparato scenico trasponendo le immagini e le interruzioni della storia a puntate. Romanzo o racconto televisivo? Numerosi rilievi di Rebesco portano il segno di una duplice ricerca nella memoria dell'antico: la metafora e la rappresentazione. Nelle formelle per la Chiesa di Torreglia i soggetti biblici di Ester e Assuero o di Giuditta e Oloferne, secondo l'interpretazione dell'artista prefigurano la Vergine mediatrice nel Giudizio Universale e 1a Virtù trionfante sul vizio. A1 processo di associazione di questo materiale iconico va congiunto un sistema di segni rappresentativi che implica la concezione geometrica dello spazio, la forma chiusa, la ricerca di unità e di equilibrio. Rebesco opera sulla base di una cultura diffusa e sedimentata che preferisce non mutare. Nel paliotto dell'altare della stessa chiesa la visione di S. Giovanni Bosco spinge lo scultore verso il cromatismo, affidato a un delicato gioco di luci e di ombre della materia modellata. II rilievo, quasi stiacciato in profondità, si ispessisce nel primo piano dando sostanza tattile alla "visione". La Madonna, il simbolo dell'Eucarestia su alta colonna, i1 Santo eretto sulla prua della nave miracolosamente salva, costringono le cose ad apparire per quel che non sono. Si assiste a un esercizio di metafora. La realtà delle cose vere, la battaglia e la distruzione della flotta; si impregna della infinita suggestione della lontananza e della favola. Altrove, nella pratica scenica della storia di Maria della Cappella del Seminario di Chioggia c), le metope che ne compongono gli atti presentano singoli quadri dove figure e ambiente alternano equilibrati ritmi. Le invenzioni: rapporto tra personaggi principali e comparse, sapienti cagli architettonici, alternanza fra situazioni statiche frontali, e situazioni dinamiche di profilo, si susseguono nei riquadri della composizione figurata, muovendosi dal cero.-La scena dell'incoronazione della Vergine, ap rtiene al repertorio iconografico ini iato nel XI secolo, cela il mistero con l'esalt ione dei motivi ' ici, irrazionali e simboli r il triangolo, la colomba, le testine angeliche alate, le trombe gli astri, mentre i protagonisti accolgono la tradizione di presentarsi in aspetto e vesti reali. Solo il Padre Eremo appare tra h gue di fiamme che invadono turca la composiz one, simboli di ardore religioso. Nel recitativo di Maria l tempio lo spazio continua ad essere un contenit newtoniano dove l'evento, la Bambina che sale le scale, è formato da corpi che occupano uno spazio passivo rappresentato come appare, cioè percettivamente assente. IL movimento è conseguente all'inclinazione dei capelli e delle vesti della fanciulla nella finzione che sia i1 vento a muoverli. Nelle cinque formelle trapezoidali a rilievo che formano il Battistero del Duomo di Montebelluna, le figure si immergono nello spazio. La tradizione iconografica simbolica, nella rappresentazione di Elia, la Samaritana, la Crocifissione, Mose, è riassorbita nel linguaggio dove lo spirito interiore dell'artista è contenuto nella luce uniformemente distribuita, risultato di semplificazione più che di semplicità. Uguale sensibilità lo scultore esprime nel rilievo sull'ambone della chiesa di Boion. La curvatura della lastra marmorea gli suggerisce il movimento prospettico delle figure degli Apostoli che si allontanano spinti dalla esortazione divina. La rottura della simmetria compositiva si ricompone nell'icastico paliotto dell'altare situato nella medesima chiesa dove tuttavia la struttura, lungo due diagonali ai lati della figura centrale e frontale di Cristo risorto, accentua i1 carattere incisivo di un linguaggio ritmico attraverso (angelo che sposta la pietra tombale e la fuga dei Ampio respiro, per fuso compositivo di spiccate linee curve, hanno gli episodi dell'annunciazione, Gestì nell'orto e Maria e Giovanni ai piedi della Croce nella chiesa di Sant'Eufemia di Borgoricco. I suddetti rilievi, sistemati ai confini dei prodigi raccontati, mirano a suscitare particolari effetti per lo stupore e il rifiuto del movimento, legati alla lentezza dei gesti. Lo stesso artificio identifica i rilievi, fino al tutto tondo, nelle figure della Fede, Speranza e Carità del fonte battesimale pure collocato a Sant'Eufemia. Un'effusione di forme suggestive, tenere, accattivanti catturano i sensi e i sentimenti di chi guarda, come se l'acqua lustrale, nel debole suono della conchiglia, riportasse ciò che nel tempo e nello spazio si è allontanato. Quando scatta il meccanismo dell'immaginazione su oggetti quotidiani: un tavolo, un letto, una siepe, una bisaccia, (apparizione rende possibile (idea del mondo evangelico come di un mondo a noi contemporaneo. L'essenza di quei miti può essere scoperta nella cronaca di tutti i giorni. Così fa Rebesco nella storia di Giuseppe della chiesa di Cavarzere come nel ciclo della preghiera nel Santuario di Mussolente. Qui (Arcangelo e (Angelo della Pace sono creature ultraterrestri per alcuni emblemi: scudo, spada, ali, ma hanno sembianze maschili e femminili. Dall'alto basamento il Buon seminatore scende tra i campi per svelare (essenza del mito reso intatto dalla venerazione, nella cronaca di ogni giorno. Se per raffigurare il Battesimo di Cristo l'artista inizialmente usa modelli aulici, come il Sansovino per le statue della chiesa di Casoni successivamente nei rilievi della parrocchiale di San Zenone e di San Martino di Lupari, è sempre più convinto che il suo compito di moderno sia pensare (antico facendolo rinascere. Per questa intenzione il passato irrimediabilmente perduto dell'incontro tra 1a Madonna ed Elisabetta, ultimo lavoro della sua esistenza per (amata chiesa di San Zenone, cede al presente nella forma viva che hanno le cose impossibili. Di uno stile che si orienta ora all'effetto pittorico ora al risalto plastico volumetrico, quasi oscillazione di gusto, sono le sculture a tutto tondo. La figura di Cristo Re in trono della Pieve di Castelfranco dal bellissimo volto modellato finemente (o e dalla veste mossa in ampio panneggio, se ha predecessori illustri nella frontalità e nel gesto (') , utilizzando un silenzio quasi ipnotico costruisce una spazio e un tempo simili a quelli del sogno. Inserito al centro dell'altare fra due eleganti prove settecentesche di Giuseppe Bernardi Torretto può ricordare anche il canoviano modellino in gesso per la Concordia 'ò . Come arte della memoria qualcosa interviene negli altorilievi dei quattro Evangelisti di Selva del Montello. Sono gli affreschi della chiesa di San Zenone dove Noè Bordignon gli ha lasciato, quasi un suggerimento, gli Apostoli o la tradizione più antica di Donatello e Verrocchio a Padova e a Venezia? Certamente dalla bocca del leone ai piedi di Marco esce la stessa voce "di uno che grida nel deserto" del monumento canoviano a Clemente III in San Pietro.

1) Treviso, Museo Civico.
2) Paradiso IX, 28-30.
3) Berlino, Galleria Nazionale; San Pietroburgo, Ermitage.
4) A.A.V V., Storia d'Italia, vol. III, Laterza 1997.
5) riproposta nel Santuario della Madonna del Monte a San Zenone.
6) ripreso nel Sacro Cuore di Salgareda con una variante a San Zenone.
7) Iacopino da Tradate, Papa Martino V, Milano, Duomo, pilone esterno; Gianlorenzo Bernini, Urbano VII, Roma, San Pietro; Alessandro Algardi, Innocenzo X, Roma, Palazzo dei Conservatori; Antonio Canova, Clemente XIV, Roma, Santi Apostoli.
8) Possagno, Gipsoteca A. Canova.

La funzione commemorativa nell'elaborazione del dolore.

In Occidente fin dall'800, al seguito del decreto napoleonico (1804) che espelle i cimiteri dal centro della città e in conseguenza della nuova ragione scientifica, la tanatofobia, processo di rimozione dell'idea di morte, favorisce per i defunti la celebrazione laica della vita in terra. Ancor oggi la statuaria cimiteriale, per reintegrare il dolore nella vita, continua a raffigurare la perdita nei tratti della sensualità o della disperazione. Nel senso di perpetuare la memoria, la scultura funeraria per Rebesco è commemorativa e predilige temi religiosi simbolici: la Pietà, scene della vita di Cristo. Appartiene al repertorio biblico anche se caratterizzato in campo profano l'Adamo dolente nel Cimitero Maggiore a Milano. Il bel bronzo ha diretti ascendenti iconografici: un ignudo della volta e un dannato della parete della Sistina e il Pensatore di Rodin. Rebesco rinuncia alla muscolatura imponente e all'impressione di forza che sprigiona l'opera del francese per esprimere il movimento esteriore attraverso la posa. Punità della composizione si evidenzia per la continuità di piani silenziosi e si anima per parti luminose che attraggono la sensibilità. Se in Adamo, altra scultura che faceva parte originariamente de "La porta dell'inferno" (1980-1900), Rodin vedeva un perdente, il capostipite di Rebesco, seduto con il dorso curvato e la testa inclinata sull'avambraccio, sembra riflettere dinanzi alla drammatica solitudine dell'uomo e meditare sul suo destino. Tradizionalista nella forma, dietro ad una concezione plastica conservatrice la donna con bambino dal Cimitero di Coste, permeandosi di sentimenti umani passa dalla sfera sacra a quella profana. La delicata invenzione del fiore che la donna sta per lasciar cadere sulla tomba mentre il bimbo ancora lo trattiene, la mesta inclinazione delle teste che guardano in basso, il braccio nudo della donna, il corpo sinuoso oltre le pieghe della tunica trattenuta in vita, significano reazione romantica suscitata dal sentimento e dall'emozione, che ha radici nell'espressionismo lirico, ma anche atteggiamento più realistico di matrice classicista nell'analizzare soggetti naturali. Impersonale, quasi stereotipata è l'immagine dell'Assunzione di Maria del rilievo sulla stele Filippin di Paderno La struttura triangolare della figura, interrotta dal gesto delle braccia sollevare, si anima nel racconto degli angioletti diversamente deposti tra le nuvole. Osservante rispettoso e conservatore Rebesco si riscatta quando non rinuncia ad inserire le vibrazioni di un dramma nell'intemo del sentimento e della coscienza. Nelle sue Pietà, genere melodrammatico, ricerca effetti intensi dove i protagonisti, a tutto tondo o 2 rilievo, riempiono completamente lo spazio della scena degna di attenzione, meditata sulla Pietà Rondanini di Michelangelo, è situata al centro del monumento ai Caduti del cimitero di San Martino di Lupari, opera già citata nel suo complesso.

Riprendendo un'immagine sconosciuta all'arte cristiana fino a Michelangelo, Rebesco propone il corpo palpitante di Gesù, sollevato in piedi e sostenuto da Maria, presagio di resurrezione. Rinserrando il torso di Cristo in quello della Vergine, il Bambino rinasce dal corpo materno. La fusione delle due figure, erette, accentua lo slancio verticale senza obliare la bellezza apollinea dei corpi e dei volti. A Bassano nel Cimitero di S. Trinità entro linee curve di un sottile rilievo il dolore di Maria, permeato di delicata mestizia, assume toni elegiaci interrotti nella forte caratterizzazione del volto. Con venete memorie, dal Giambellino al Montagna, Rebesco affronta la poetica purista e neoclassica del Novecento italiano sublimando i sentimenti in un linguaggio prezioso, con impiego della raspa per i tessuti, abito, manto e perizoma dei protagonisti, e del trapano per i ricci a forma di esse della testa di Cristo. In un'altra sepoltura, dove il linguaggio è ancora più ricercato nei decorativismi astratti degli abiti, la formula semplice di un dolore domestico risponde a esigenze, intelletuali e incolte insieme, del realismo magico. Ridondante, aperta, frontale, con la forza della suggestione dell'ampio gesto di Maria che tiene sollevato il braccio morto del figlio, e l'inusitata veste ricadente in larghe pieghe sulla base della scultura, la Pietà nel Cimitero di Marostica ha nostalgia della morte e della bellezza. Più articolata a guadagnare spazio fisico e mentale, influenzata inconsciamente dai grandi modelli michelangioleschi e canoviani o contemporanei come Libero Andreotti °1, (ispirazione, lo stile di esecuzione e il messaggio affettivo che trasmette, collocano (opera nell'ambito della tradizione della scultura veneta, immersa nell'atmosfera, per 1e vibrazioni dei piani, per i1 palpito e i1 respiro del ritmo che è lo stesso dell'universo. Prendendo impulso dalla luce e dalla sua distribuzione, la vita anima la struttura e risveglia il nostro sguardo. Nell'artificio della forma costruita sulla diagonale della figuro, ora non più in posa frontale, particolare forza poetica di suggestione ritrova la Pietà della tomba Testolin nel cimitero di Thiene. Non avara di citazione la sottile malinconia del linguaggio elegiaco è contaminata dal dolore inteso come passione, come amore struggente. La scena si inserisce nel paesaggio locale tra pause e sospensioni, per giungere fino a noi poema della tristezza umana. Un urlo sordo, strano, declamatorio e teatrale, proviene dalla donna dolente ai piedi della croce nella tomba De Lorenzi. II sentimento di paura, sprofondato sotto il peso della veste, si aggrappa al simbolo del sacrificio di Cristo. Le otto lastre arcuate a rilievo inserite nella facciata della Cappella Cecchele del camposanto di Rossano Veneto appartengono all'area del già tirato realismo neoclassico, per nobiltà e limpidezza. Tra naturalità e incanto si tratta di una riscrizione di soggetti religiosi severa e trasparente, soprattutto nell'Ascensione e nella resurrezione di Lazzaro. Chiamato da Gesù, stretto nelle bende, con il sudario sul volto, in ginocchio, Lazzaro simboleggia 1a pietà di Dio. E Rebesco sembro dichiarare in questa resurrezione, e più ancora nell'altorilievo con lo stesso soggetto della tomba Chiuppani a', quanto sia più importante della stessa creazione, essendo la morte unica nemica di Dio. L integrazione fra architettura e scultura non solo in questo caso, è una scelta chiara in cui, eliminato il superfluo e il gratuito, la cappella funeraria, nella sua interezza, acquista dignità e valore espressivo. Progettata da Francesco Bonfanti nova un sorprendente equilibrio dei termini pubblico (il cimitero) e privato, necessari in uno studio sulla sociologia delle masse nell'architettura avviata negli anni Trenta e ripresa nell'edilizia del dopoguerra, all'insegnar di quella cifra. Integrata nella natura del luogo si presenta con una sua autonomia in quanto opera dell'uomo raziocinante che nega ogni mimesi analogica con il circostante. I profili netti che ricompongono la scatola narratoria si ripetono negli archi delle lastre decorative dove l'architettura del racconto è un invito alla meditazione e al silenzio.

1) Firenze, Santa Croce.
2) Bassano, Cimitero di Santa Croce.
3) il complesso monumento ai Caduti di San Mattino di Lupari; (altare di San Gaetano nel Duomo di Thiene, progettato da Rebesco con l'architetto Bonato.

Biografie drammatizzate

Se il genere ritratto pareva non esistere più, saldamente trasmesso nelle mani dei fotografi, oggi è ancoro mezzo ottimo per colmare la sete di sopravvivenza. Cambia il committente: non più qualcuno interessato a lasciare memoria delle sue sembianze, mala esigenza, la necessità, la opportunità di fomite fattezze e lineamenti a chi è bene additare come esempio di grandezza, o ricordare nelle sue sembianze come affetto vissuto da perpetuare. Si tratta quindi di persone care, talvolta ubicate anche sul luogo della sepoltura, b presenze in campi particolari: ecclesiastici, politici, socialiculturali, situati allora nei luoghi adatti, soprattutto scuole o ambienti della collettività. Può sembrar strano che nei suoi ritratti Francesco Rebesco, più che lasciarsi trascinare dall'impulso, abbia agito psicologicamente attraverso (intuizione mettendoci in comunione con il modello, guidandoci verso le sue abitudini, il suo carattere. Nel museo dei suoi personaggi recuperiamo spesso il potere evocatore di un tempo perduto. Antonio Canova, costruito sull'autoritratto dell'artista, ha occhi che guardano lontano, attento a capire oscure parole di santi e di eroi. Nel busto bronzeo di Noè Bordignon, caricato dagli emblemi di pittore, pennelli e tavolozza, è sufficiente lo sguardo volto altrove a indicare (amore dell'artista esteso ad una poetica cosmogonia, fedele a un patrimonio secolare. Confrontato con l'autoritratto incompiuto, di mano dello stesso Bordignon, ne toglie i caratteri di fiduciosa aderenza a valori sentimentali delle scene di genere per una visione che passa dall'assenza all'essenza. Altrove, come nel volto di Edmondo De Amicis, Rebesco sembra cercareí" simboli di natura psicologica. Nel marmo bianco il tempo incontaminato si protrae nell'assoluto con forme classicamente levigate, appena mosse nei capelli e nei baffi increspati, celebrazione sentimentale di nobili valori della vira. Sfuggente da un discorso spiegato, su delicata immagine di ombra e di luce insiste il ritratto di Teodoro Wolf Ferrati dove un moderno sentimento contraddittorio, affidato al tenue respiro delle superfici, dona rimescolamenti emotivi. Staccato e chiuso in un elegante formalismo il busto di Milly Wolf Ferrati si conclude nella forma geometrica del triangolo, resa accattivante dal merletto della veste. Simile soluzione presenta il ritratto di signora definito nel rettangolo della pelliccia. A1 perfetto frontalismo di Milly lo scultore, in questo busto, sostituisce una leggera inclinazione della testa. Un'aristocratica bonarietà diventa strumento di cattura dì un reale inafferrabile, mende il medaglione sul petto richiama valori di simmetrico equilibrio. Invitante a tre quarti, le mani serrate su steli fioriti e a trattenere 1o scialle sul seno, il severo volto giovinetto della sposa dell'artista sembra condurre alla visione di un mondo superiore, mentre immagini pensierose fermentano dietro la vaghezza di un delicato busto muliebre in terracotta, irrompendo come apparizioni. Il perfetto rigore formale dei busto di bambina con i1 colletto e i1 fiocco sui capelli identifica la moda dell'epoca e conduce all'ultima stagione di Novecento nei termini di naturalismo più che di purismo astratto. L'esplorazione della psicologia femminile ispira alla scultore una galleria di volti intensi, ceneri ma anche enigmatici. L'eccessiva attenzione e la levigatezza formale, che documentano una particolare facilità di plasmare la materia e di cogliere sfumature caratteristiche delfespressione umana, può essere a volte discutibile, ma testimonia un tempo. Se la tipologia di questi immagini è in rapporto con più orientamenti della cultura figurativa europea fino alla conclusione del IV decennio del secolo, il bipolarismo tra avanguardia e reazione, su un concetto di aree fedele a forme plastiche, romite, silenziosamente sospese nell'atmosfera è quasi un'inclinazione a travagli affettivi. Il classicismo modernizzato de (acquaiolo, modellato molto tempo prima della sua esecuzione in marmo, mette in gara Rebesco con il bevitore (1926) e il Palinuro di Arturo Martini. La figura umana, destoricizzata drammaticamente per un'inedita forza sintetica e dinamica nella positura, utilizza elementi stilistici di un classicismo ideale nel racconto in un gioco sospeso tra forre e il ragazzo. Invenzione creata dal desiderio è spine, storia di un sentimento, di ma passione riproposta alla memoria, figura femminile nuda affidata al vibrare continuo del segno, insieme simbolico e altamente decorativo. Quale mezzo congeniale di espressione, nel suo puro gesto lezioso la donna tocca la rosa, a palpebre abbassate, riversa sulla sfera (come scena del mondo?). Nei busti commemorativi di prelati e sacerdoti i1 deferente distacco dell'autore non scava sempre nelle passioni che rendono il singolo vivo e palpitante. I volti, spesso ricostruiti da fotografie, nei ritratti in questione superano quell'istante che fante spietata del transitorio cerca di carpire. In queste figure intime e accurate, gli emblemi, come 1a croce latina, simbolo dell'autorità ecclesiastica, o il cuore dei Passionisti, o la presenza degli occhiali, distraggono appena per far prorompere (intensità dei volti. Gli ascendenti culturali, le testimonianze parallele sono a volte presenze dirette, come Canova o Wildt, nei ritmai di Antonangelo e Marcantonio Cavanis. Creazione oggettiva e contemporaneamente esaltazione del soggetto è il ritratto di mons. Filippin. Il confronto con la natura, (accentuarsi dei valori espressivi, fazione che supera se stessa, il rapporto con (esperienza inducono Rebesco a inventare e creare un personaggio anche alterando la verità, in un documento straordinario. Altro penetrante ritratto è il bambino con zufolo. Svincolato da qualsiasi remora imposta da necessità ufficiali o celebrative il temperamento volitivo del piccolo, nello sforzo di gonfiare le gote, è colto splendidamente e il volto offre superfici palpabili, vive. Aiutato anche dalla scelta della materia legno, la fantasia di Rebesco, adoperata con slancio, si nutre nell'accurata descrizione del volto di Italo Balbo. Capelli, sciarpa, persino la barba, agitati e mossi del vento, esaltano più che il personaggio (idea del volo. Come se (artista, in questo documento, volesse celebrare la sua storia e il suo ciclo di vita.

Mentre il robot Sojourner dalla sonda Pathfinder inizia a esplorare il pianeta rosso, penso alle illuminanti immagini create per (avventura dell'uomo sulla luna (2). Icaro, senza precipitare, sale sorreggendo (astronauta. Per inserire le vibrazioni dello scultore all'interno della coscienza e dei sentimento, il figlio di Dedalo può raccontare un modo nuovo e drammatico di esistere tra Pegaso, scala, biplano, razzo e mongolfiera...

1) (opera va confrontata con il monumento a De Amicis, eseguito da Edoardo Rubino nel 1923, a Torino, nei Giardini di Piazza Carlo Felice.
2) all'ultima attività di Rebesco appartengono due modelli clipeati, recto e verso, per una medaglia dedicata allo straordinario evento del 1969.

 

Album Fotografico


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