Mercato settimanale luogo storico del commercio

Il mercato settimanale di Pieve di Soligo è inserito tra i luoghi storici del commercio.
L’appuntamento del sabato mattina nel centro pievigino ha il riconoscimento della Regione che, con il decreto dirigenziale n. 148 del 13.05.2019 ed il nome di “Mercato settimanale su aree pubbliche”, lo ha inserito tra i mercati storici del Veneto.

Il mercato che svolge in via Giuseppe Vaccari, piazza Balbi Valier, piazza Vittorio Emanuele II e piazza Caduti nei lager, si tiene da circa quattrocento anni essendo attestato fin dal Seicento.

E' sicuramente motivo di vanto per tutta la comunità pievigina che riconosce nel proprio mercato  un luogo privilegiato per lo sviluppo di rapporti commerciali e sociali a beneficio di tutto il comprensorio.

Il compleanno ufficiale del mercato settimanale di Pieve di Soligo è il 2 novembre:  sta in un avviso d’Asta del Regio Commissario distrettuale di Ceneda che dava notizia degli spazi da destinare al mercato settimanale di Pieve di Soligo nel giorno del sabato a partire dal 2 novembre 1822.
Ma la prima notizia di un mercato a Pieve di Soligo è del 1575; voluto dai conti Brandolini di fronte alla chiesa (logicamente nel loro territorio, il Contà).
Purtroppo però nel 1576 i nostri paesi furono anch’essi colpiti dalla peste e del mercato non se ne fece più nulla fino all’inizio del 1600. I conti provarono a riproporlo di nuovo a Pieve, poi a Follina, infine a Cison.
Infine, nel 1638 l’antenato dell’attuale mercato venne formalmente istituito con cerimonia pubblica e l’emanazione di un regolamento con la “regolazione et dispensa di poste et luochi” occupati da chi si presentava per primo. Sempre per volere del conte Brandolini.
Fino ai primissimi anni dell’ottocento il mercato di Pieve sentiva, forte, la concorrenza del punto di ritrovo sotto il portico dell’osteria di Boffot: una volta alla settimana era lì che i mercanti si fermavano risalendo dalla strada napoleonica (Pontebbana) fino alla valle del Soligo lungo la strada dei Mercatelli.
Ma, proprio in quegli anni Pieve di Soligo iniziò ad affermarsi come il centro principale del Quartier del Piave. Vi erano numerosi commercianti, alberghi, banche, manifatture, famiglie benestanti.
E le sue botteghe diventarono punto di riferimento per i tanti artigiani della valle del Soligo.
Ed è per questo che nel 1822 arrivò l’ufficialità con la conferma degli spazi dove si svolge tutt’ora.
Il mercato di quegli anni era certamente diverso: si vendevano animali, granaglie, prodotti agricoli e artigianali, attrezzi da lavoro, dalle zappe ai badili, e poi stoffe, mestoli, vasi da notte…
Era altresì un luogo d’incontro importante, dove spesso ci si ritrovava per concludere degli affari o anche solo per bere un bicchiere insieme.
Al pari della nostra società il mercato del sabato, ma possiamo dire, i mercati in generale, sono cambiati e si sono evoluti. Oggi vi si possono trovare tantissime tipologie di merci.
Eppure, a Pieve di Soligo, come altrove, sono ancora un’occasione per incontrare un amico, fare due chiacchiere…bere un bicchiere!
(Da www.eventivenetando.it/blog/mercato-pievedisoligo-200anni/)




"Il ricordo più lontano, come fosse oggi, è quello del mercato di Pieve al sabato. Il paese, di solito addormentato, rigurgitava di gente che vendeva e comprava di tutto: dalle vacche ai polli. Sotto le nostre finestre, ogni sorta di frutta e verdura di stagione e l’arrotino chiamato moleta che s’installava all’alba nello spiazzo davanti al portone del palazzo svegliandomi con lo stridore della sua mola. Grazie a lui tutti i nostri coltelli e forbici erano sempre taglienti. Oggi, uno zingaro viene ogni tanto ad arrotare i miei, ma non fa neanche le scarpe ai moleta della mia infanzia!
Altro personaggio decorativo era il gelataio con il suo carretto bianco trainato da una bicicletta con grandi e bellissimi coni golosi dipinti sui fianchi… gelati nella realtà tinti all’anilina e disgustosi. Un po’ più in là, l’ombrelaro, il più impegnato.
Sotto il portico, al di là del giardino, un cumulo di dalmede, che adoperavo quando andavo in stalla a mungere: malgrado fossero ben imbottite di fieno e avessi doppi calzettoni di lana pizzichina filata a mano, riuscivo sempre a riempirmi di vesciche che mi bucavano e curavano con l’aceto che bruciava più delle stesse vesciche.
"
(Da uno scritto dell'autrice Teodora "Tudy" Olga Sammartini (1931-2016) nel suo blog in https://storieveneziane.wordpress.com/)


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