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Monumenti

I Monumenti

Il Castello Medievale: cenni storici
Il Castello di Soave è una tipica costruzione militare del Medio Evo: sorge sul Monte Tenda e domina la vasta pianura sottostante, coprendo un'area di mq. 5882. E' costituito da un'alta torre, o Mastio, intorno alla quale, quasi come attorno ad un perno, si svolgono i giri delle mura che raccolgono tre cortili di forma, dimensione e livello differenti. Le mura, quindi, scendono ad abbracciare tutto il borgo medioevale.

L'origine di questa mole turrita risale all'alto Medio Evo e sorge forse sulle rovine di un antico fortilizio romano (Rocca).
Da documenti che risalgono al secolo X e da un diploma di Federico Barbarossa si apprende che apparteneva ai Conti Sambonifacio di Verona. Nell'anno 1237 ne era in possesso l'illustre famiglia feudale dei Greppi, i quali trasferitisi in Lombardia lo cedettero nel 1270 al Comune di Verona, che vi stabilì un capitano.
Il Castello crebbe d'importanza sotto la dominazione degli Scaligeri, i quali, considerandolo una solida fortezza militare in posizione strategica, lo restaurarono e lo rinnovarono; per questo si usa chiamarlo, impropriamente, "scaligero".
Lotte assai aspre si accesero spesso per il suo possesso: eccone qualche notizia.
Nel 1338 Rolando de' Rossi da Parma, generale dei Veneziani, messa a soqquadro la terra soavese, si impadronì del Castello. Dopo breve, ma strenua lotta, nella quale perirono 400 soldati scaligeri, fu ripreso da Mastino Il della Scala. Cansignorio nel 1379 restaurò il Castello e cinse di mura merlate il paese.
Spentasi la gloriosa dinastia scaligera, il 18 ottobre 1387 Soave passò ai Visconti di Milano e quindi ai Carrara, signori di Padova.
Costoro lo perdettero nel 1405 ad opera di Galeazzo Gonzaga, che con l'aiuto degli abitanti vi instaurò il dominio della Repubblica di Venezia, la quale ebbe a dichiarare: "Rocha Suapis utilissima nostro dominio". Nel 1439 Soave subì nuovamente l'assalto e la conquista dei Visconti. Passò quindi agli alleati della lega di Cambrai (1508) contro Venezia ed ospitò l'imperatore Massimiliano. In questo periodo la terra di Soave fu teatro di aspre lotte e di scontri sanguinosi. Il Castello e il paese vennero incendiati e 366 Soavesi passati a fil di spada; l'eroismo del capitano Rangone e degli abitanti liberò nel 1511 il Castello dai nemici di Venezia. Nel 1517 il paese venne simbolicamente consegnato al Provveditore veneziano Andrea Gritti, non ancora eletto Doge.
La "Serenissima", a ricordo di queste gesta di eroismo, donò alla comunità di Soave un'Antenna e lo Stendardo di San Marco, da innalzarsi nelle feste civili davanti alla casa del Comune. Cominciò allora un lungo periodo di pace che durò quasi tre secoli fino a Napoleone Bonaparte (1796).
Nel 1556 la famiglia Gritti divenne proprietaria del Castello (il rogito formale dell'acquisto del Castello fu fatto però solamente nel 1696), il quale perse in seguito d'importanza e fu trasformato in fattoria. Da questo stato di rovinoso abbandono venne risollevato e restaurato (1889 - 1897) nelle sue "pristine forme" dal nuovo proprietario, senatore del Regno d'Italia, Giulio Camuzzoni, che ispirato da un preciso scopo archeologico, riattò e rifece quelle parti della cui esistenza non si poteva dubitare.
Oggi il Castello è meta di numerosissimi visitatori.


La visita al castello
Si può accedere al Castello a piedi, da Piazza dell'Antenna, sita nel centro del borgo medioevale; oppure in automobile, utilizzando l'apposita strada asfaltata che corre a nord del paese.

L'ingresso principale si trova a settentrione, munito di ponte levatoio, protetto -secondo l'uso medioevale- da una torre possente sulla quale sta una scultura di San Giorgio. Oltrepassato il ponte levatoio, si entra nel primo cortile (mq. 1163,90) che al tempo degli Scaligeri non esisteva; fu costruito in seguito dalla Repubblica di Venezia nel secolo XV. Nel cortile si scorgono i resti di una chiesetta di modeste dimensioni, a tre absidi, la cui origine si può attribuire al secolo X, al tempo delle incursioni degli Ungheri, ad uso della popolazione del luogo che qui si rifugiava.
Tramite la porta munita di saracinesca, si passa al secondo cortile (mq. 2921,60), il primo dell'antico Castello per chi veniva dal piano ed il più vasto, detto "della Madonna". La porta d'ingresso è sormontata da una torre; sopra, sulla parete verso l'interno, vi è un affresco che rappresenta la Vergine nell'atto di proteggere i fedeli inginocchiati ai suoi piedi. Il dipinto porta la data del 1 giugno 1321.
L'ultimo cortile, il più elevato ed il più piccolo (mq. 972,18), si raggiunge salendo una scaletta perché la soglia molto elevata costituiva, per quei tempi, un serio ostacolo ai nemici. Qui si alza la torre, o Mastio, che rappresentava l'ultimo e più strenuo baluardo di difesa e che probabilmente fu luogo di prigione e di tortura, come testimonierebbero le ossa umane (due metri d'altezza) qui scoperte durante i lavori di restauro. Nell'archivolto della porta d'accesso si leggono sbiaditi dal tempo i nomi di quegli uomini, condottieri e soldati, a cui era stata affidata la difesa del Castello. A sinistra della stessa porta si nota un affresco del 1340, raffigurante uno scudo con la scala scaligera a quattro gradini, sostenuta da due cani rampanti; sullo sfondo un guerriero, seguito da una schiera di soldati con bandiera scaligera. E' interessante perché ci dà modo di conoscere le armature dei soldati del Castello.
Nel mezzo di questo cortile si trova un pozzo, antico quanto il Castello, che presenta profonde scanalature prodotte da rudi mezzi atti ad attingere acqua. Un po' verso destra una stanza ad archivolti, sostenuti da colonne asimmetriche, destinata al corpo di guardia, offre con la ricca suppellettile guerresca dell'epoca un documentario tangibile delle armi d'offesa e di difesa dei soldati scaligeri (spadoni, mazze ferrate, balestre con frecce, elmetti, visiere ed alabarde). Nel cortile interno, come in quello di mezzo, è possibile accertare che un tempo vi erano delle caserme.
Una scala esterna permette di salire a quella che nel Castello era l'abitazione del Signore o del suo rappresentante: una casa medioevale ben conservata. La scala immette nella stanza centrale detta "La Caminata", che era l'equivalente della nostra stanza di soggiorno, che prende il nome dal grande camino. Intorno alle pareti si trovano cassapanche e sedie, mentre nella cassetta di vetro, che sta sulla credenza sono esposti cocci di stoviglie rinvenuti nella necropoli del territorio.
Una porticina immette in un cortiletto pensile che fu creato qualche anno dopo che la Repubblica di Venezia subentrò ai Carraresi nel possesso del Castello (sec. XV): aveva lo scopo di impedire che i soldati avessero comunicazioni con la gente esterna.
Da una porta della "Caminata" si passa alla camera da letto, in cui vi è notevole un affresco del 1200 raffigurante il Cristo crocefisso, la Madonna e la Maddalena.
L'altra stanza è la sala da pranzo, con tavola apparecchiata, che conduce in una stanzetta sulle cui pareti stanno cinque ritratti: Mastino I, fondatore delle fortune dei Della Scala; Cangrande, il personaggio più illustre della casata; Dante Alighieri, il sommo poeta; Taddea da Carrara, moglie di Mastino II, successore di Cangrande; Cansignorio della Scala, che ebbe il merito del restauro e dell'ampliamento del Castello; circondò, inoltre, Soave di mura e fece costruire il Palazzo di Giustizia ed il Palazzo Scaligero.
Uscendo da una porta strettissima, saliti alcuni gradini, si arriva sui "cammini di ronda", angusti, ma protetti, che permettono di salire sul Mastio, il punto più alto, da cui si ammira uno dei più bei panorami dei Monti Lessini e della Pianura Padana.


I Palazzi

Palazzo Scaligero
Costruito per volontà di Cansignorio della Scala presso Porta Aquila la quale immette in Borgo Bassano, questo palazzo del sec. XIV era l'antica residenza dei Pretori e Governatori di Soave. Durante la dominazione veneziana divenne la residenza dei Capitani che rappresentavano, in nome della Serenissima, la massima autorità, ragione per la quale il Palazzo è anche detto del Capitano. L'annesso giardino, assai suggestivo, è stato donato al Comune di Soave dalla famiglia Zanella ed è l'attuale sede municipale.

Meritano una menzione particolare per la loro importanza e bellezza artistica: Palazzo dei Conti Sambonifacio (sec. XIII), sito in via Adolfo Mattielli; Palazzo Moscardo (sec. XVII), già sede delle scuole - nei primi anni del '900 - e della caserma dei Carabinieri successivamente e oggi Tenenza della Guardia di Finanza, in via Camuzzoni; e Palazzo Pullici (sec. XV), nella stessa via, dove trascorse parte della sua infanzia il poeta Ippolito Nievo.

Palazzo Cavalli
Eretto nell'anno 1411 da Nicolò Cavalli, Capitano di Soave, è in perfetto stile gotico-veneziano, con finestre trilobate ad arco acuto e sottostante loggia. La facciata era un tempo pregevolmente affrescata con soggetti mitologici di Giovanni Maria Falconetto da Verona. Il Palazzo sorge a lato di Piazza dell'Antenna ed è ora proprietà della famiglia Pomini.

Palazzo di Giustizia
Sorge in Piazza dell'Antenna, nel centro del paese. Fu edificato tra l'aprile ed il luglio del 1375, per volere di Cansignorio della Scala, che vi insediò - quale rettore, governatore e giudice - Pietro della famiglia Montagna. Alle spese di costruzione concorsero i 22 paesi soggetti al Capitaniato di Soave ed elencati nella lapide coll'iscrizione che, fra le scaligere, è la più grande che si conosca. E' un edificio con loggia, a quattro portoni ad arco acuto di pietra sagomata, con finestre ogivali. Nel mezzo della facciata c'è un poggiolo con rozza ringhiera, e sopra di essa, una statua della Vergine col Bimbo sulle ginocchia. Di alto valore storico e poetico, a caratteri gotici, è l'iscrizione, in versi latini, posta sotto il poggiolo della facciata, che ricorda la data di costruzione.


Le chiese

Tra il 1000 e il 1500 erano aperte al pubblico diverse chiese e quattro importanti congregazioni svolgevano in Soave attività di notevole fervore religioso e culturale. Due sono le chiese di notevole interesse che sono giunte a noi senza sostanziali trasformazioni: la chiesa di Santa Maria di Monte Santo dei Padri Domenicani e quella di San Giorgio.

La chiesa di Santa Maria, di Monte Santo dei Padri Domenicani
Venne edificata nel 1443 in stile Iombardo. Fu riedificata nel medesimo secolo per consiglio e sotto la direzione di Fra' Giocondo, secondo alcuni nativo di Soave. Sorge a pochi passi da Piazza dell'Antenna, lungo l'erta che porta al Castello. Il complesso colpisce per sobrietà e compostezza. Attiguo alla chiesa sorgeva un piccolo convento, ora Biblioteca Civica.

La chiesa di San Giorgio
Venne edificata verso il 1000 in stile semplicissimo dai padri Francescani. Sulla facciata, un antico bassorilievo rappresenta San Giorgio a cavallo. Il piccolo campanile con la rozza bifora e la cupolina a cotto formano un corpo unico con la chiesa. All'interno, gli antichi dipinti andarono distrutti al tempo, soprattutto in seguito alla peste che nel 1630 colpì anche il territorio soavese.

La chiesa di San Rocco
Sorta nel sec. XV sull'area di un antico cimitero romano, fu rimaneggiata e trasformata nel 1890 dall'abate e arch. Gottardi. Rimane integro il campanile con la cupola a pigna in cotto, esile e di bella fattura.

La chiesa di Santa Maria della Bassanella
Nel I secolo dopo il Mille era una cappella e venne consacrata nel 1098, come attesta una lapide ora collocata in sacrestia. Nel 1836 fu riedificata dall'ing. Zanella. La leggenda la lega ad un'apparizione della Madonna nella vicina Valle Ponsara. Vi sono sculture, affreschi pregevoli e molte reliquie di santi; è assai lodato l'affresco dell'Assunta del pittore soavese Adolfo Mattielli.

La chiesa di Sant'Antonio
Venne fatta erigere nel 1677 dalla nobile famiglia Cusani in località San Matteo. L'altare è in stile barocco e pregevoli sono i quadri della Via Crucis.

Il Duomo
Prima del sec. XIV sorgeva in contrada San Lorenzo, a cui è dedicato. Lo provano due lapidi conservate presso il Museo Civico di Verona. Abbattuta verso il 1300, fu riedificata al posto della attuale chiesa nel 1303.
Demolita nel 1744, perché troppo angusta, nel 1758 fu riedificata col concorso del Comune e del popolo. Fu poi ingrandita nel 1884 su progetto dell'abate e arch. Gottardi. Dello stesso è il restauro della facciata in stile rinascimentale, con colonne ioniche e scalinata in marmo rosso di Verona. Il tempio è ad una navata, con altari barocchi e pregevoli dipinti. La pala piú importante è quella di Francesco Morone, il pittore veronese piú illustre del sec. XVI; raffigura San Rocco, la Vergine, San Gioacchino col Padre Eterno nella lunetta. Altre opere pregevoli sono quelle dei pittori: Farinati (sec. XVI), Cignaroli (sec. XVIII), Ugolini (sec. XIX), Nalin (sec. XIX), Mattielli (sec. XX). Pregevole la statua in legno scolpita da Paolo Cahanpsa nel 1553, rappresentante il Redentore. Il campanile, in stile classico con trifore, fu eretto su disegno di L. Trezza. La chiesa è stata restaurata di recente e con molto gusto. Come è stato recentemente restaurato il suo maestoso, bellissimo organo, costruito nel 1889 dall'inglese George Trice. La potenza solenne del suo suono fa sì che nella chiesa si tengano spesso concerti di musica sacra.

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